E’ arrivato il momento

Finalmente Asashoryu non è più da solo, c’è un secondo Yokozuna.
Era da un po’ di tempo che aspettavo questo momento.

Speravo in Kotohoshu molti mesi fa ed ho sognato di vedere la cerimonia di Hakuho quando ero a Nagoya durante l’estate del 2006, ma entrambi i miei sogni sono rimasti tali per molto tempo.
Per quanto tutti noi ci siamo accalcati a scrivere che questo sumo era noioso, che non succedeva mai niente e che il livello degli incontri era ai minimi storici, devo registrare quanto fossimo in errore: col senno di poi, spero – amici – che sarete daccordo con me nel rivedere questi ultimi basho come tra i più esaltanti e articolati degli ultimi anni.

Abbiamo assistito, ed ancora assistiamo, ad un salto generazionale nel mondo del sumo e non grazie alla promozione di Hakuho, ma per il merito di un paese che sta evolvendo e nei suoi mutamenti ci propone cambiamenti radicali, ma difficili da notare per chi non vi si concentrasse con la dovuta mentalità leopardiana.

Nella storia il sumo si era già aperto agli stranieri, agli Yokozuna gaijin e a personalità catalizzatrici. Asashoryu pur essendo un puro evento fatto lottatore, rappresenta il mutamento di una cultura del fare sumo; il punto mi sembra essere lo “spirito” del rikishi. Asashoryu è un guerriero, un atleta che mette davanti alla sua voglia di vincere un incontro, la voglia di vincere una piccola guerra.
Quella guerra che ben è rappresentata dal sumo: il combattimento “uno contro uno” dei grandi eroi, ben lontana dal nostro concetto di guerra romana “a mò di mischia” sul campo di combattimento, tutti contro tutti, suddivisi solo per il colore della cresta sull’elmo della corazza.
Asashoryu ha riportato l’arte della guerra nel sumo contrariando non poco lo spirito giapponese del trasformare ciò che è umano e grezzo in una forma di arte stilistica “del dettaglio” e del gesto.
Il gesto, la purezza, la semplicità di un gesto si trasformano nella violenta gestualità fisica di una pura dote meccanica inserita in un genio di capacità tecnica e istintualità esplosiva.
Insomma, se la potatura di un albero in Giappone diventa l’arte dei bonsai, Asashoryu è quel giardiniere che nulla sa della direzione più giusta con cui tagliare un ramo morto, ma che quando prende in mano un paio di forbici lo fa nel modo istintivamente giusto e il suo ramo reciso è perfettamente sezionato.
Se l’esercizio costante e ripetuto portano alla perfezione istintiva, Asashoryu ne è l’esempio per dono di nascita, e se qualcuno non concorda con me, che si vesta di mawashi e mi attenda al tachiai.

Premesso quindi che il nuovo evento che vedrà Hakuho ai vertici tra i più grandi del sumo nulla ha a che vedere con il grande Asashoryu, devo descrivere perchè sono contento che lui e non altri siano giunti a questi livello ora.
Hakuho ha iniziato la sua storia di lottatore imitando Asashoryu in alcuni gesti ed in alcune smorfie, ponendo i suoi piedi sulle orme di un mongolo che prima di lui aveva scalato l’Olimpo ed aveva preso il trono più alto. Come criticarlo ? Avrei fatto lo stesso, perchè gli esempi più grandi sono quelli che devono essere seguiti ed esaltati senza la paura dell’essere presi in giro per scimmiottamento: che nessuno osi schernire chi segue l’esempio del primo della classe. La nostra ricerca dell’individualità a tutti i costi ci porta alla diversificazione e ad un accrescimento della fantasia in modo esponenziale, ma questo non è per forza il modo giusto di affrontare le cose. Seguire un esempio, un grande esempio, può essere un modo onorevole e consapevole di percorrere una strada cercando di migliorare quei piccoli errori che magari il “maestro” ha compiuto nella sua salita.
Lo dimostrò Aristotele seguendo Platone, lo ha dimostrato Hakuho rincorrendo Asashoryu.
Hakuho ha studiato alla scuola del “fratello maggiore” ed è arrivato ad un passo dal successo (nagoya 2006), ma non aveva abbastanza personalità per poter andare oltre: la sedia di Asashoryu non poteva essere occupata da due persone e la personalità del mongolo campione è abbastanza ingombrante. Hakuho è dovuto scendere di un gradino in quell’occasione, cercare una nuova strada per salire e trovare una sedia tutta per lui.
Hakuho ha abbandonato la sfrontatezza adolescenziale del voler dimostrare al mondo che lui può battere Asashoryu sul piano fisico e di lotta (cosa che può fare ma che non gli riesce sempre) e con il torneo di marzo Hakuho e il suo “henka” ha fatto il grande salto psicologico: “per diventare campione mi basta battere il campione due volte, non dimostrare a tutti che sono figo”.
Non so se fosse stato davvero questo il pensiero di Hakuho prima di far mettere la mani di Asashoryu in terra; quello che ho capito è che da quel momento l’henka è stato un punto di crescita fisica e intellettuale del “giovane” mongolo che ora è pronto e maturo per sedere affianco ad Asashoryu.
Non certo come “simbolo di pura lotta” come è Asashoryu, ma bensì come esempio di crescita tecnica e psicologica di grande lottatore: Hakuho.

Non mi rimane quindi che gioire per il sumo, per tutti noi appassionati e per Hakuho che diventa, per stile e per carattere, Yokozuna.
Ultimi per importanza, i suoi risultati negli incontri. Primo, lo stile. Un grande nuovo lottatore. Non sappiamo se lo YDC gli darà la corda, ma mi sento abbastanza “confidente” che visto lo stile e le modalità con le quali Hakuho ha affrontato questi incontri non avranno altra scelta, anche se dovesse perdere un incontro… (ma prevedo un 15-0 per lui).

Per il futuro ? Spero solo che Hakuho ci mostri un grande sumo, grande tecnica e sopratutto una levatura morale degna del suo ruolo e la coscienza dell’importanza del posto che andrà a ricoprire.