Marco Merlino e il “De bello mongolo”

Nagoya ha consegnato ad Harumafuji il suo terzo yusho, che giunge al termine di una prestazione esaltante e praticamente perfetta, e non solo per il 15-0 finale. Molti possono essere sorpresi del risultato, ma qualcuno l’aveva ampiamente previsto, e la sua profezia mi ha accompagnato per tutto il Torneo, tanto da dovergli riconoscere per primo l’onore della divinazione-personalmente, avevo solo detto che avrebbe vinto un rikishi mongolo. Marco Merlino ha sempre tenuto il punto, non ha mai esitato; anzi, una volta espresso il prezioso vaticinio in privato, si è manifestato pubblicamente ed ha assunto il rischio erga omnes. Haruma, dal canto suo, non ha voluto smentirlo e deluderlo, facendone un guru al quale dovremo fare sempre riferimento.

Cesare, Giulio Cesare, dovrà però perdonare la profanazione del suo titolo più famoso, ma altro non ho trovato per definire al meglio quanto accaduto a Nagoya per quindici giornate di sumo davvero entusiasmanti. A renderle cariche di agonismo, qualità tecnica e valore sportivo ci hanno pensato i due protagonosti assoluti, Harumafuji e Hakuho, giunti al Senshuraku in immacolata parità e decisi a giocarsi lo yusho in un kettei sen anticipato al regolare torikumi. Ma non si è trattato di un match a sé stante, di un finale fuori contesto o di uno spareggio-duello che avrebbe potuto svolgersi indipendentemente dalle 14 giornate precedenti: Haruma e Hakuho hanno mostrato tutto ciò che esattamente avevano anticipato in precedenza, con l’Ozeki scientificamente preparato e super reattivo, con quel suo modo straordinario di leggere le intenzioni dell’avversario, e lo Yokozuna in ritardo, affaticato dal confronto con Baruto e senza contromisure accettabili.

E’ stata una vittoria della coerenza e della tenacia di Haruma sulla logorata dominanza fisica di Hakuho. L’intero sviluppo del Torneo ha registrato il costante incremento prestazionale di Haruma e, per contrasto, il progressivo scadimento tonico di Hakuho: le prove sono sotto i nostri occhi. Fin dalle prime giornate, infatti, abbiamo assistito ad una netta differenziazione nel modo di fare sumo da parte dei due protagonisti: Haruma sempre organizzato e con un disegno tattico preordinato, Hakuho attendista e convinto (o costretto) a far ricorso alla sua riserva di tecnica e possanza fisica.

Come abbiamo tutti constatato giorno per giorno, Haruma ha saputo modulare il proprio sumo in relazione all’avversario da affrontare, cosa non nuova per lui, ma a Nagoya non c’è stata la minima traccia d’improvvisazione, né alcuna parvenza di un henka, vizio che l’Ozeki mongolo in passato aveva manifestato quale scorciatoia verso il kachi-koshi. Questa volta la tentazione non è mai stata accennata.L’esuberanza tecnica ha consentito al vincitore una scelta sempre appropriata e ponderata, segno di una maturità agonistica che lo Yokozuna Deliberation Council dovrà valutare con estrema attenzione, al di là dei numeri che Haruma esprimerà a settembre. E proprio l’Aki Basho diventerà la prova definitiva: riuscirà Haruma-Artù a far sua la tsuna-Excalibur? Dopo tre yusho e tante perle di sumo mostrate al mondo, l’ex scudiero del Grande Mago Mongolo, che tanto lo ha accudito, può prenderne lo scettro e ricreare il duopolio mongolo al vertice del banzuke.

Sembra quasi sacrilego affermarlo, ma del 14-1 di Hakuho non si ricordano impennate stilistiche d’eccellenza, memorabili stacchi di classe o colpi di genio stupefacenti; lo Yokozuna ha raggiunto il Senshuraku quasi in apnea, vincendo anche con tecniche inusuali e dettate dall’esigenza di concludere velocemente certi incontri. La presa alla gola, più volte ripetuta, ne è una dimostrazione. Alcune vittorie sono arrivate per l’inesperienza degli avversari, altre dopo aver rischiato moltissimo, come nel match con Baruto. E’ però vero che Hakuho ha anche dato prova di padronannza fisica, evitando un henka quasi compuito e manovrando certi bouts con la scorta di resistenza ancora disponobile.

Le voci di molti di voi riecheggiano ancora nei commenti di maggio, quando la performance non esaltante di Hakuho aveva giustamente indotto gli autorevoli membri del nostro Consiglio permanente a giudicare il sumo dello Yokozuna inadatto ed involuto, non più sorretto dalla condizione fisica e tecnicamente impoverito. Nagoya mette in evidenza un Hakuho poco convincente, nonostante l’unica sconfitta subìta, e questo può apparire assurdo e completamente fuori luogo agli occhi di chi guarda il dito e non la luna. Lo Yokozuna a volte stenta, vince senza primeggiare e subisce troppo la freschezza mentale di Harumafuji, anche a distanza. E per sua fortuna, e per nostra disgrazia, gli altri Ozeki non affondano i colpi, non ne sembrano in grado, per cui i pericoli sono attualmente circoscritti ad Ama-Haruma-Artù ed a qualche carneade impertinente che talvolta si affaccia alle pendici del Sanyaku. Hakuho deve sperare che la situazione dei suoi vassalli resti sempre così com’è, altrimenti l’attacco al record di Taiho potrebbe diventare una chimera. Per ora, il quadro è rassicurante per Hakuho e deprimente per noi: proviamo a vederne insieme le ragioni.

La situazione degli Ozeki appare ancora una volta poco felice, a parte il vincitore ed aspirante Yokozuna. Il k-k non può e non deve essere l’unico obiettivo dei deputies del sumo, ma l’esperienza degli ultimi ci ha purtroppo insegnato che la routine prevale sull’ambizione. Ripetiamo ogni due mesi gli stessi giudizi, gli stessi commenti e le stesse speranze puntualmente deluse.
Può darsi che Kotoshogiku non abbia le credenziali per vincere lo yusho, esistono dei limiti attuali al sumo di Kakuryu, Kotooshu non trova più le motivazioni per esprimere un sumo appena più decente; questi argomenti li abbiamo trattati ampiamente e li analizzeremo ancora tra due mesi, ma il vero problema rimane Kisenosato, al quale dovremmo dedicare un forum psichiatrico a parte.
Baruto ha fatto una discreta figura, secondo me, ed ha provato seriamente a battere Hakuho, sfiancandolo come pochi altri sono riusciti a fare. Ma l’estone non ha un’intera nazione, oltretutto ospitante e patria del sumo, che attende da anni uno Yokozuna indigeno, mentre Kisenosato ha proprio questa responsabilità sulle spalle e non sembra riuscire a sopportarne il carico. Abbiamo tutti commentato durante quest’ultimo Torneo, e durante ogni altro Torneo, la fragilità del Kid, che passa con disinvoltura disarmante dal ruolo di predestinato a quello campione mancato. Certe sconfitte sono avvilenti, quasi mortificanti. Due mesi fa aveva lo yusho a portata di mano ed ha fallito un’occasione che difficilmente si riproporrà in quegli stessi termini. Trovo stucchevole incitarlo ancora, perché anche a Nagoya ha ripetuto gli stessi errori di sempre.

Il Kyokai avrà molti problemi ad assemblare il nuovo banzuke, lo abbiamo detto un pò tutti, e ci saranno delle forzature inevitabili, con qualche posizione assegnata in modo meno atteso del solito. Tutte le ipotesi sono valide e sono curioso di vedere chi si avvicinerà di più alla logica del NSK: il premio sarà una speciale menzione nella sansho list.