De sumo condendo

Tempo per scrivere un post-Basho non ne ho avuto, tempo per seguire pedissequamente le giornate di gara nemmeno, ma la vostra generosa accoglienza, spero, rappresenterà un perdono-condono che mi ripagherà di cotanto outing.
Toltomi il peso di dosso, vorrei introdurre l’Aki prossimissimo con qualche considerazione sul sumo e chi lo segue.

Le storie sportive raccontano spesso di atleti che compiono imprese memorabili, come Bolt, Federer e Valentino, e che vengono celebrati in tutti il mondo con iperboli letterarie degne del miglior Erodoto, ma noi viviamo e condividiamo una passione sportiva che definirei di spigolo, perchè in una nicchia staremmo fin troppo larghi. Fieri ed imperturbabili, come impone la disciplina del dohyo, rimaniamo a far quadrato attorno alle nostre chiacchierate su rikishi, kimarite e yusho, convinti che la purezza del sumo ci renda migliori. Siamo pochi, è vero, ma siamo amici, tutti quanti, quasi come una confraternita semi-clandestina; ciò che ci lega è l’ammirazione per i nostri eroi in mawashi e le loro imprese.
Perchè ci piace il sumo? Ho già cercato di spiegarlo tempo fa, introducendo un commento finale ad un Torneo, e non mi ripeterò, cosa già tristemente presente in altri contesti, però vorrei riaffermare il nostro modo positivo di vivere la discussione sportiva, senza eccessi e con molta ironia. Questo ci consente di parlare fra di noi serenamente e con reciproca stima, incoraggiandoci l’un l’altro ad ogni genere d’approfondimento sul sumo ed suoi artefici.

Trovo giusto ribadire questi semplici concetti in un momento particolare, alla vigilia di un Torneo che giunge alla ripresa delle nostre attività e che segna una fase storica particolarmente delicata per il mondo intero, con sconvolgimenti sociali, economici e politici che, negli anni ’50 o ’60, avrebbero probabilmente generato una guerra mondiale (oggi diremmo “globalizzata”).

Anche il sumo è cambiato, nel corso dei secoli, ma in fondo si mostra stabile come le regole che lo governano, sebbene qualche scossone l’abbia vissuto anche il microcosmo gestito dal Kyokai: la morte del giovane allievo, la radiazione dei russi e le tribolazioni di Asashoryu, per fare un esempio. Le note positive non sono mancate, come sappiamo, a partire dallo yusho di Kotooshu ed Harumafuji, sebbene la forte dominazione di Hakuho abbia vincolato la maggior parte dei Tornei dell’ultimo biennio.
In realtà, la rivoluzione vera e propria è costituita dalla presenza dei due Yokozuna mongoli e dalla prospettiva, non remotissima, di assistere all’incoronazione del terzo, magari prima del ritiro del Grande Mago. Sappiamo quanto sia difficile emergere, ed ancor più mantenersi ai vertici, perciò dovremmo augurarci una veloce ascesa di qualche sekitori, meglio se indigeno, che raccolga la pesante responsabilità di sfidare i nipotini di Gengis Khan. Lo desideriamo da molti anni, ormai, ed abbiamo incitato tanti rikishi giapponesi a fare il salto di qualità; qualcuno è stato perfino adottato dai commentatori del sito, come Toyohibiki e Goeido, ma senza successo. A ciò si aggiunga che Kotomitsuki non riesce a vincere il suo secondo yusho, mentre Kisenosato non ha mai trovato la continuità che potrebbe farlo decollare dal basso Sanyaku e portarlo ad atterrare tra gli Ozeki.

La situazione potrebbe modificarsi da un momento all’altro e darci la speranza di un nuovo corso di eventi, con una rivalità allargata e più avvincente che faccia da stimolo ad un ritorno d’interesse da parte dei giovani verso il sumo, permettendo così alle scuole di sfornare una base cospicua di aspiranti Yokozuna.