Riflessioni di fine anno

Prima del Senshuraku avevo maturato una convinzione, condivisa anche con Pierfranco, secondo la quale nella parte nobile del Sanyaku si stava aprendo un “vuoto” (“voragine” il termine utilizzato da Pierfranco) per la concomitanza di due elementi: le difficoltà fisiche, e probabilmente non solo fisiche, di Asashoryu con conseguente mancata partecipazione del primo Yokozuna mongolo agli ultimi tre basho (due iniziati e terminati anzitempo, l’ultimo neanche iniziato), dall’altro una sorta di involuzione tecnico-tattica, e forse anche fisica, di Hakuho, capace di andare con continuità allo yusho, ma senza dominare come in passato.
Ed in questo vuoto stava per infilarsi Ama, grazie ad un Kyushu quasi perfetto, compromesso alla quarta giornata più che nel kettei-sen.
Lo Shenshuraku mi ha consegnato, invece, una “differente” chiave di lettura. Come già accaduto del resto anche in passato, quella di Hakuho non è una vera involuzione ma più che altro una mancanza di stimoli che si ripercuote oltre misura sulla sua condotta sul dohyo. Lo Yokozuna della Miyagino va come uno “schiacciasassi” quando riesce a finalizzare la sua condotta al raggiungimento di un obiettivo ben preciso (lo yusho, l’annientamento di un contendente, …), vacilla paurosamente quando si trova privo di riferimenti.
Hakuho non sembra avere i tratti dello Yokozuna solitario, del dominatore a prescindere, ovvero la caratteristica principale del suo predecessore. Asashoryu ha di fatto per anni instaurato un regno del terrore demotivando i suoi avversari prima ancora che salissero sul dohyo. Hakuho sembra il primo a demotivarsi in assenza di avversari che lo costringano ad andare, sul dohyo, oltre la semplice presenza fisica.
Non è, a mio avviso, un caso che abbiamo visto il miglior Hakuho in occasione del raggiungimento della tsuna e nella contrapposizione ad un Asashoryu in condizioni fisiche sufficienti da consentirgli di candidarsi allo yusho; il peggior, anche se comunque vincente, Hakuho quando si è ritrovato senza un vero avversario, in carne ed ossa o nelle spoglie di un obiettivo da raggiungere, con cui confrontarsi.
Non è altresì un caso che Hakuho abbia recuperato sè stesso nel kettei-sen, nel quale è riuscito, in pratica, a individuare un target verso cui indirizzare tutto il suo immenso potenziale. Quello del kettei-sen non è stato infatti l’Hakuho opaco di questo Kyushu, ma uno dei migliori Hakuho dell’anno, l’Hakuho che era necessario per avere la meglio su un Ama forse mai visto prima.
Difficile pronosticare il rendimento nell’immediato dello Shin-Ozeki Ama, quello che però mi arrischio a pronosticare è che in assenza di un ritorno efficace di Asashoryu o di una conferma su questi livelli di Ama, continueremo a vedere un Hahuko vittorioso ma non brillante e ad avere questa sensazione di vuoto al vertice.
Riesce infatti difficile individuare nel Sanyaku rikishi capaci di rendimenti sufficientemente costanti da poter entrare nel carnet degli stimoli di Hakuho. Kotooshu è capace solo di exploit impronosticabili, Kotomitsuki è di fatto un Ozeki di carriera, Kaio e Chiyotaikai pronti per la pensione, Baruto troppo giovane e con troppi limiti fisici per aspirare alla tsuna.
Probabilmente una vittoria di Ama al kettei-sen avrebbe fatto molto bene, dal punto di vista psicologico, ad un Asashoryu del quale è davvero difficile, in questo particolare momento, tracciare un profilo. Asashoryu è, o per lo meno io mi auguro sia ancora, per la prima volta di fronte ad una scelta per lui epocale: continuare o smettere.
Da una parte onori, soldi, appagamento, problemi fisici, “nausea” di uno YDC spesso immotivatamente ostile, volontà di una vita “non condizionata”, dall’altra il sumo, un vero e proprio modello di vita per il quale si sa di essere nati e si è combattuto duramente; è questo, molto probabilmente, il bout che si sta svolgendo nella psiche di Dolgorsuren Dagvadorj.
La lotta sembra impari, ma, come abbiamo imparato, sul dohyo spesso Davide e Golia si scambiano i ruoli.