De bello nipponico

Prendendo spunto da quanto detto da Pierfranco in relazione alla questione “cannabis”, vorrei esprimere qualche considerazione personale.
Pierfranco sommariamente accusava il Nihon Sumo Kyokai e tutto l’ambiente del sumo di aver approssimativamente pilotato la questione basando le sue considerazioni sul sillogismo “essendo i lottatori sottoposti a controlli sanitari periodici, chi era adibito al controllo non poteva non sapere” e quindi la scelta di far scoppiare la bomba “cannabis” avesse intenti ben più “politici” che non puramente legati alla casualità della “canna” trovata nel portafogli di un lottatore.
Ricordo anche che il licenziamento di questi lottatori ha costretto il presidente del Nihon Sumo Kyokai alle dimissioni.

Seppur io non condivida in pieno le ipotesi sulle quali la tesi di Pierfranco si fondi, condivido l’idea che questa “operazione” avesse finalità ben differenti dall’apparente controllo “anti-dope”.

Prendiamo in considerazione i 3 eventi principali che hanno coinvolto il Giappone (ma non solo) in questi 2-3 mesi:
– l’economia americana in difficoltà
– i rapporti tra Georgia e Russia
– la politica interna del Giappone

Sappiamo tutti che il Giappone, dopo “la bomba” è di fatto stato conquistato dall’america che ha oppresso culturalmente il Giappone portando nella terra d’oriente i concetti di capitalismo e globalizzazione; sappiamo anche che il Giappone ha legami economici fortissimi con l’america che rappresenta, nella cultura attuale e nei comportamente fenomenologici sociali, un grosso esempio per i giovani giapponesi. Inutile citare la presenza delle più grandi società americane in Giappone e dei canali di commercializzazione dei prodotti giapponesi in America. Il Giappone è di fatto una “colonia” americana dagli occhi a mandarla. L’unica vera civiltà di stirpe mongolica che abbia abbracciato così fortemente il modello americano.
Nell’ambito del sumo, tale influenza non è stata meno forte che in tutti gli altri settori poichè chi fà affari in Giappone sfrutta le relazioni politiche e commerciali che il sumo può dare, come il calcio italiano permette ai grandi imprenditori di ottenere benefici imprenditoriali diversi dal gioco del pallone stesso.
Il risultato è che i lottatori subiscono pressioni molto forti, sia nell’organizzazione dei tornei che nella questione degli “henka”, ovvero nel pilotaggio degli incontri. Le pressioni non sono solo di tipo psicologico, ma anche di tipo personale e sociale. Basti citare che ad un lottatore viene tolto il permesso di soggiorno, la liquidazione, lo stipendio e diritti acquisiti se trovato in fallo (in questo caso se trovato con uno spinello).
Chiaro che con un’economia in difficile relazione con gli USA come quella Giapponese (si noti come il fallimento di una banca USA abbia portato al calo del 6% dell’economia giapponese in 2 notti), tenda a favorire coloro che detengono grossi capitali della loro stessa società, e quindi il Giappone cerca di tenersi buona l’America per non subire troppo le difficoltà interne di un paese (gli USA) che sta mostrando tutte le sue debolezze intrinsiche del modello globalizzato.

I rapporti tra Georgia e Russia invece mi appaiono dubbi. Tre lottatori russi nei livelli superiori del sumo, tutti e tre silurati in men che non si dica.
Se è vero che i lottatori russi fanno uso di cannabis, abitudine che potrebbe essere radicata per motivi culturali nella loro cultura d’origine, è facile che così facciano anche tutti gli altri lottatori dell’ “ex russia” quali Kokkai (Georgia) e Baruto (Estonia); insomma potrebbero avere le stesse abitudini. Se è vero che c’era un “piano”, vero è che tale piano ha colpito in modo particolare la Russia e non gli altri paesi.
Potrebbe invece essere che i tre lottatori russi licenziati fossero solo tre storditi cannaioli che per puro caso avessero le medesime origini etniche e che per puro caso facessero, solo loro tra tutti, uso di cannabis.
Se volessimo riassumere la questione in termini di “Georgia Vs Russia”, potremmo dire: il Giappone si schiera con la Georgia e contro la Russia.
Riunendo il punto “A” con il punto “B”, essendo l’America schierata a favore della Georgia nella nuova questione balcanica, ecco che ancora una volta mi sembrano giustificati i miei pensieri maliziosi.

Ora passiamo alla politica interna: il presidente del consiglio rassegna le dimissioni. Durante un’intervista dichiara che non se la sentiva di dover gestire la responsabilità di governare il Giappone e, incalzato da una giornalista che metteva in luce la sua evidente mancanza di responsabilità civica nei confronti degli elettori a cui aveva chiesto il mandato di governo, il presidente dimissionario rispondeva con una frase che è diventata oramai famosa in Giappone: “io non sono come lei, io sono me stesso”.
Questo avvenimento, assolutamente normale e filosoficamente accettato da chi ha radici culturali che prendono linfa dalla filosofia tedesca, quella greca e dagli scrittori dell’Europa dell’ovest come siamo noi, stride invece se inserito nel contesto nipponico.
Per un giapponese il concetto secondo il quale l’individuo debba avere più valore rispetto ai propri doveri verso la comunità suona come un’assurdità.
Ed allora ecco che i famosi biscottini che hanno la forma del presidente del consiglio, al posto di cambiare solo faccia in conseguenza delle nuove elezioni, predono la forma del faccione dell’ex presidente, cambiano confezione e su di essa appare la contestatissima frase.
E’ grande successo in Giappone, la casa produttrice di biscotti fà il tutto esaurito.
Ma cosa significa tutto ciò ? Significa che il concetto di nazione, come Nitsch la descrisse, quale entità con doveri superiori nelle quali ogni singolo cittadino deve rimettere le proprie volontà e desideri individuali a favore della società nazionale, improssisamente qualcuno in Giappone si permette di dire il contrario. Ed è una personalità pubblica e politica di spicco.
Davvero scandaloso.
Il Giappone dimostra la sua debolezza culturale. Le abitudini “yamato-centriche” subiscono l’erosione della cultura americana, subiscono le influenza economico-politiche e finalmente mostrano i tarli dell’aver permesso agli USA di penetrare la membrana nipponica di protezione dagli stranieri.
E la politica interna sfonda la porta del sumo: un lottatore (Wakanoho), reo-confesso, si permette di attaccare la grande associazione di sumo per aver subito, a suo parere, una punizione esemplare di entità molto maggiore rispetto a quanto avrebbe dovuto subire per una canna; il giudizio soggettivo di colpevole si sovrappone all’esigenza di esemplarità e di rispetto agli obblighi educativi che il Nihon Sumo Kyokai ha nei confronti del popolo giapponese. L’uomo contro la società.

La situazione generale quindi è complessa; altre decine di microfattori coinvolgono il Giappone che è sottoposto alle pressioni geografiche di una terra strappata a destra dalla Russia (ricordiamo le guerre e le discussioni per il possesso delle isole dell’est Giappone), delle ingerenze coreane e del grande successo economico cinese che allontana i mercati Americo-nipponico dai grandi capitali…

Concludo quindi la mia visione apocalittica della situazione attuale con un pensiero: qualsiasi cosa stia succedendo in Giappone, il Sumo è lo specchio di quel paese che ci regala così tante stranezze da farcene quasi innamorare.
Tutto quello che succede quindi è giustificato da una difficoltà generalizzata su moltissimi fronti e, nonostante siano individuabili alcuni “disegni politici” nel riorganizzare il mondo del sumo, accolgo con favore il tentativo di rinnovare e migliorare; se poi questo significherà anche l’emancipazione dalla fastidiosa cultura USA, ben venga.

Gambare ozumo, gabattene Nihon.
Julien