La storia del Giappone è intimamente legata a quella del sumo, come recita il Kojiki, il testo guida della mitologia nipponica, secondo cui le origini stesse del Giappone sono basate sul primo combattimento di sumo mai svoltosi. Non si poteva certo immaginare che un giorno tanti predatori stranieri avrebbero raccolto un così pingue bottino di drappi di seta; figuriamoci poi la prospettiva di un sumo senza Yokozuna indigeni ma in mano ai feroci pronipoti dei tartari conquistatori. Se un veggente avesse predetto questo, ne sono certo, non avrebbe avuto il tempo di finire la profezia. Ma nessuna previsione, per quanto azzardata, avrebbe mai potuto spingersi fino a pronosticare un invasore proveniente dalla remota Europa. Invece è successo: Kotooshu, il bel rikishi bulgaro eroe di un’estate che sembrava ormai lontanissima, colui il quale aveva fatto tremare il plenipotenziario Asashoryu ed era divenuto il primo Ozeki europeo, il gigante triste e tormentato in perenne attesa di Godot e duramente criticato per essere il fautore di un sumo di rimessa e basato sull’imboscata in arretramento, proprio “quel” Kotooshu, che vivacchiava da anni in una zona privilegiata ma anonima delle classifiche indispettendo i suoi fans e tutti gli osservatori, ha sbancato il Ryogoku Kokugikan ed è entrato nella storia. E non solo in quella del sumo.
Ne hanno parlato tutti. E me ne stanno parlando ancora, ovviamente, dato che basta aver detto a qualcuno di apprezzare il sumo per essere sommersi da richieste di notizie e chiarimenti su quanto accaduto a Tokyo. Non esito a credere che il rituale si sia ripetuto anche con voi, gentili e pazienti lettori, dato che la proclamazione dei gusti sportivi costituisce un argomento elettivo delle conversazioni italiane. Presto saremo al mare, abituale salotto deputato al gossip ed alle chiacchiere più varie, e per molti di noi si riproporrà l’occasione per essere riconosciuti casualmente come esperti di sumo, indipendentemente dal fatto di indossare il mawashi ed esibirsi per tutto il giorno in un personale dohyo-iri…
Confesso che non me l’aspettavo. Nelle tante discussioni con i fedelissimi ed acuti collaboratori di sumo.it, infatti, regnava l’impressione che il magico volo dall’airone proto-caucasico si sarebbe interrotto in prossimità del confine mongolo, trasformandosi in una rovinosa picchiata, ma così non è stato. La dogana di Ulaan Bataar, solitamente molto esosa e quasi impenetrabile, è stata costretta a dare libero accesso ed a rilasciare un salvacondotto per il raggiungimento della meta, con tanto di firma ed impronta del sigillo dei due Direttori Generali, convinti entrambi dalle validissime credenziali mostrate dall’intrepido trasvolatore.
Solo un funzionario giapponese si è impuntato ed ha ritardato, seppur di poco, la conclusione dell’impresa, ma ciò non ha impedito a Kotooshu di planare sul dohyo da protagonista di quella cerimonia tante volte sognata.
Sollecitati a dovere (da Paolo), abbiamo già compiuto un primo esame dei possibili motivi che hanno portato Kotooshu al successo, ma forse l’analisi dovrebbe essere condotta in maniera più profonda e specifica. Questo importante passaggio epocale, infatti, potrebbe non rimanere isolato e dare il via ad una nuova era del sumo.
Personalmente, ritengo che le ragioni della vittoria formino un caleidoscopio che potrebbe confondere la vista e deviare il giudizio, essendo complessi e concatenati tra loro i vari argomenti sui quali trova sostegno la grande impresa di Kotooshu. I suoi bouts vincenti sono stati quasi perfetti e combattuti con grande attenzione ed intelligenza, oltre alla ritrovata forma fisica, e queste sono le fondamenta poste dal sekitori bulgaro per stupire il mondo. Aggiungiamoci una determinazione (apparentemente) senza precedenti ed una convinzione via via crescente nella realizzazione del grande exploit, sempre in pieno controllo degli avversari e di ogni loro variazione tattica, ed otteniamo il percorso netto che Kotooshu si è portato in dote alla vigilia dei due scontri capitali con gli Yokozuna. In quel momento, inutile negarlo, solo un grande rikishi avrebbe superato la prova.
Ma facciamo un passo indietro e rivisitiamo il film del Natsu Basho del vincitore fino ai due bouts decisivi.
Nei primi quattro impegni, ho rilevato una decisa volontà di combattere in maniera speculare ai suoi avversari, mentre, prima di maggio, gli veniva rimproverato spesso di essere speculativo e non imprimere la giusta energia ai suoi tachi-ai.
Con gli “spingitori” Miyabiyama e Kokkai, l’Ozeki bulgaro ha messo sul dohyo altrettanta moneta e si è imposto di fisico, mentre Wakanoho è stato prontamente immobilizzato e Kyokutenho ha subìto una sorte molto simile. Questi ultimi due erano temibili nella corta distanza, non essendo ancora emersa la netta propensione di Wakanoho per l’henka (termine che consiglierei di sfruttare commercialmente in Russia: “Bevete Wodka Henka, elude la realtà!”).
Nei tre yorikiri che gli hanno dato la vittoria su Baruto, Kaio e Tokitenku, Kotooshu ha assunto atteggiamenti diversi: scolastico e (naturalmente) poco impegnato con Baruto, deciso e ben piazzato con Kaio e molto accorto e resistente nel ben più impegnativo match con Tokitenku.
Prima ancora, però, Kotooshu aveva incontrato Asasekiryu, dimostrando una grandissima grinta ed una notevole ostinazione nel mantenere salda la presa al mawashi. Con il corpo sempre proiettato in avanti, ma senza rischiare di concedere l’hatakikomi, Kotooshu ha combattuto con molta concentrazione, qualità che lo ha sempre accompagnato nel corso del Torneo.
Alla concentrazione si è poi aggiunta la giusta vena offensiva. La settima giornata segna, a mio avviso, un punto di riferimento molto importante, visti i risultati degli ultimi precedenti (2-2) con Kisenosato. Al tachi-ai, Kotooshu è aggressivo ed estremamente reattivo, regolando l’avversario con un appoggio sul lato sinistro non compreso da Kisenosato, il cui braccio destro rimane piegato all’interno e non va a cercare il mawashi di Kotooshu. La manovra di aggiramento si offre all’Ozeki in modo abbastanza agevole e la spinta da tergo ne è la diretta e naturale conseguenza.
A Kakuryu, temibile nella sua incostanza di risultati, viene riservato un okuritaoshi di classe e potenza.
E veniamo al doppio confronto con i cerberi mongoli.
Asashoryu ha mostrato di non avere valide contromisure alla freschezza atletica di Kotooshu ed è stato messo in sudditanza fisica fin dal suo timido tachi-ai, segno evidente di una condizione generale insoddisfacente. Kotooshu ha sfruttato la presa destra esterna per impedire ad Asashoryu di ottenere, a sua volta, una valida presa interna sinistra, tant’è vero che lo Yokozuna non ha potuto articolare il polso come avrebbe voluto e, di conseguenza, non ha potuto organizzare alcuna azione di difesa. L’attacco, ovviamente, non era neanche lontanamente pensabile.
In sostanza, un match in cui Kotooshu ha portato a compimento un lavoro di preparazione encomiabile e non ha concesso il benchè minimo spiraglio operativo al Grande Mago Mongolo. La casualità, a mio giudizio, ci ha messo appena del suo, mediante quella posizione innaturale ed inutilizzabile della mano di Asashoryu, ma il suo tachi-ai da bradipo era già una dichiarazione d’inconsistenza fisica e tattica.
Con Hakuho, come abbiamo tutti verificato, si sono scatenate le polemiche: henka o non henka? L’atteggiamento di Kotooshu può essere ridefinito come “avvolgente, tendente allo sfuggente”, se vogliamo essere proprio degli esegeti di grana fina, ma indubbiamente molto redditizio: il saltello verso sinistra e la contemporanea doppia presa, mirata a portare Hakuho in rotazione, compongono il mosaico vincente. Da quel momento, iniziato il movimento reso obbligatorio dalle leggi della fisica (che Marco mi perdoni!!!), per Hakuho non c’è stata più speranza. L’attacco laterale, tanto temuto e classificato come uno dei pochi in grado di portarlo fuori dal suo range d’azione, ha sterilizzato le proprietà tecnico-atletiche dello Yokozuna, comportando il disorientamento decisivo di quest’ultimo.
La chiave del bout è in quell’etereo passo di danza compiuto da Kotooshu con fredda premeditazione; il successivo tempo trascorso sul dohyo dai due contendenti contiene gli effetti visibili e pratici di quell’intenzione. Come risulta fin troppo evidente, e già scarnificato nei commenti immediatamente successivi al fatto, Kotooshu non intende attuare un henka vero e proprio, tesi dimostrata sia dall’assenza di distensione delle gambe che di spinta dall’alto in basso alla ricerca dall’hatakikomi, bensì egli afferra saldamente il mawashi di Hakuho e gli sottrae ogni punto di riferimento. Chiamiamolo pure “bulgarian grip” e diamogli dignità di codifica, così non andiamo ad alimentare ulteriormente la diatriba.
Sbrigata la gravosa incombenza con gli “tsunati”, Kotooshu si è affacendato nelle ultime formalità dovute per la realizzazione del progetto di acquisizione dello yusho. Se con Aminishiki non ha avuto il tempo di capire come opporsi all’intraprendente assalto di cui è stato oggetto, nel confronto con Ama il perseverante Kotooshu è tornato a librarsi nella più alta fascia atmosferica del cielo di Tokyo ed ha finalmente raggiunto l’obiettivo, conlcudendo poi, al cospetto del neo-kabodan Chiyotaikai, le sue quindici fatiche come un novello Ercole in un senshuraku dai toni di beatificazione. L’abbraccio dell’incontenibile padre è la più bella immagine del trionfo di Kotooshu.
In conclusione, il successo del tanto bersagliato Ozeki europeo risulta pienamente legittimo e non favorito dalla cattiva performance degli Yokozuna, come verrebbe da pensare osservando i soli dati numerici. Lo score di 14-1 non ammette repliche, mi sembra. Piuttosto, un piccolo ringraziamento andrebbe indirizzato ad Ama, che gli ha fatto scorgere la giusta direzione…
Dato che non posso pretendere di tenervi incollati al monitor per una settimana, mi sento in dovere di fermarmi qui e di ringraziarvi tutti, vecchi e nuovi frequentatori del sito, per l’insostituibile apporto fornito ed il consenso accordato a tutto lo staff di sumo.it: ogni vostro intervento costituisce un mattone in più nella costruzione della cultura del sumo in Italia.
Sayonara.