Passata è la tempesta?

Anno nuovo, sumo vecchio. Potrebbe sembrare un motto negativo, a prima vista, mentre invece si tratta della migliore novità che il 2008 ci possa offrire al suo primo apparire. Torna Asashoryu e si ricompone la coppia degli Yokozuna mongoli, doppia leadership che avevamo soltanto potuto assaporare di sfuggita, date le note vicende estive.
Ci sarà competizione, ancor più vera degli ultimi due atti cui abbiamo assistito. Kotomitsuki, Chiyotaikai, Ama e Goeido hanno fatto vibrare il dohyo, ci hanno fatto sperare in almeno un playoff; non è accaduto per poco, anzi pochissimo.
Riprendiamo il filo del discorso interrotto a settembre e ci auguriamo che lo spettacolo sia di altissimo livello.

Hakuho sembra troneggiare con gagliarda spavalderia, quasi come se il rivale e mentore non calcasse il sacro suolo purificato dal sale da tempo immemorabile. Ha vinto due yusho con un certo agio, non nascondiamocelo, e posa felice di fronte alle telecamere con i suoi trofei e la sua famiglia. E’ l’immagine che il Kyokai cercava da tempo per combattere a livello mediatico il Lucifero del sumo. Non possiamo certo fargliene una colpa: era l’uomo giusto nel posto giusto al momento giusto. Certo, sarebbe stato preferibile avere uno Yokozuna giapponese, ma la dolce Amaterasu non ha voluto premiare le buone intenzioni dei suoi amati figli con l’erede di Takanohana. Capricci divini.

Sarà lotta aspra, sarà una carneficina. Siamo tutti in attesa di verificare i danni, temporanei o permanenti, che la squalifica potrebbe aver arrecato al Grande Mago Mongolo. Sarà un polverone in cui i potenti si confronteranno in un turbinio di impatti, scarti, prese, spinte e atti di forza. Sarà tutto questo e qualcosa di più, secondo me.

Sarà la resurrezione dello spirito di un uomo umiliato che torna nella sua dimensione di guerriero del sumo, l’unica dimensione in cui trascende nel suo talento, così poco d’aiuto nelle cose quotidiane e protocollari. Sarà il tentativo del suo alter ego di evitare l’eclissi di una gloria tanto lungamente agognata e così inaspettatamente accresciuta.
Sarà anche il confronto con i rikishi che hanno conquistato spazio e luce in assenza del tiranno.

Sarà emozione e stupore, tensione ed agonismo, spettacolo e meraviglia. E sarà diverso da qualsiasi altro momento di sumo abbiate già vissuto, perchè amare il sumo significa saper apprezzare i gesti di questi uomini nel loro significato immediato, in quella stupefacente acrobazia che vede agili colossi fronteggiarsi in un cerchio che a malapena li contiene e chiedersi, ogni volta, quali sensazioni possano scorrere nel loro midollo nei pochi, esplosivi istanti di un combattimento.

Amare il sumo significa tutto ciò che ognuno di noi sente all’apparire dei rikishi, nella sfida rituale dei loro sguardi e nello sfogo d’energia che solo un tachi-ai può regalare.

Sayonara.