E’ stato il Torneo della svolta epocale: esattamente due anni fa ricevevo la prima email da Julien ed iniziava la mia collaborazione con Sumo.it. Circa un anno fa, invece, conoscevo Marco ed aveva inizio il nuovo corso del nostro sito, con un maggior assortimento di commenti. Tutto ciò avveniva con Asashoryu imperante e scarsamente contrastato.
Oggi, con dell’avvento del 69° Yokozuna, possiamo affermare che la nostra testimonianza sportiva contribuirà a dare il senso di quanto accaduto e potrà finalmente registrare un confronto che mancava da quasi quattro anni. Infatti, due Yokozuna non si vedevano sul dohyo da molto tempo, tutto il tempo che ha consentito ad Asashoryu di stabilire un altro primato. Ma le statistiche dicono anche che lo Yokozuna Asashoryu non aveva mai ceduto due Tornei consecutivi, come prontamente rilevato da Marco, e forse era proprio questo il segreto della sua spettacolare solitudine. Li ha ceduti, come sappiamo, e li ha ceduti all’unico rikishi in grado di reggere il confronto in modo inequivocabile.
Dopo il Grande Slam di Asashoryu, questo è il momento di più alto profilo che mi capiti di commentare. Tra l’altro, l’incoronazione di Hakuho è stata suggellata dal fantastico match con Asashoryu, uno dei più intensi cui abbia mai assistito. Vorrei partire proprio dall’ultimo match del Natsu Basho e cercare di compiere, a modo mio, una valutazione sul passato, il presente ed il futuro del sumo.
Quando i due mongoli si sono presentati sul dohyo e si sono guardati negli occhi, è accaduto ciò che non accadeva da molto tempo: lo Yokozuna in carica ha capito che quella sarebbe stata la sua ultima apparizione come unico detentore delle insegne del potere supremo. Di fronte a lui, nella piena consapevolezza della solennità del momento, si è parato il predestinato, colui che aveva stupito quanto lo Yokozuna stesso fin dal suo primo apparire tra i Makuuchi. Ed Asashoryu, al termine di un Torneo chiuso in vistoso calando, ha voluto onorare nel migliore dei modi l’avversario che si accingeva a compiere la grande impresa.
Ma come è giunto Hakuho a questo grande risultato? Tralasciando le ultime tracce polemiche sul kettei-sen di marzo, è apparso evidente a tutti come Hakuho abbia modificato quasi tutti i suoi parametri di combattimento, dal tachi-ai ai kimarite, passando attraverso un’evoluzione fisica e tattica che lo ha condotto a dominare tutti gli avversari con una padronanza assoluta del proprio potenziale. Hakuho ha praticamente abbandonato la presa centrale al mawashi con la mano sinistra, divenuta troppo prevedibile, e si è impadronito dell’unico elemento che mancava al suo corredo di rikishi, vale a dire l’intimidazione pura, quella che aveva già consentito ad Asashoryu, Akebono, Takanohana e Chiyonofuji di salire sul dohyo con il vantaggio psicologico di chi riesce a condizionare la condotta dell’avversario. Questa peculiarità non era stata ancora pienamente acquisita da Hakuho, giovane rikishi con un temperamento troppo acerbo e votato all’emulazione, a volte inopportuna, del grande compatriota; Julien ha fornito la corretta chiave di lettura dell’apprendimento attraverso l’imitazione del modello di riferimento, ragione per cui il lungo clinic di Hakuho potrebbe servire d’esempio per altri rikishi che vogliano riferirsi proprio al nuovo Yokozuna, questa volta.
Ora non ci sono più dubbi nè tentennamenti: non vedremo più uno sfidante incompleto e nervoso perdersi nelle insidie dell’ansia da prestazione e desideroso di stupire a tutti i costi, specialmente al cospetto del Grande Mago. Hakuho è dovuto passare attraverso una prova decisiva che ha voluto superare a modo suo, con quell’henka tanto discutibile quanto redditizio, ma una volta raggiunta la determinazione necessaria ad affrontare il secondo tentativo di promozione, ed ottenuta la candidatura ufficiale dal Kyokai, ha liberato tutte le sue energie nel perseguimento dell’obiettivo finale. Lo zensho yusho non lascia punti oscuri, la sua vittoria su Asashoryu lo legittima e lo abilita ad una grande carriera da Yokozuna: vederlo compiere il primo cerimoniale mi ha emozionato, lo confesso.
Un Torneo perfetto, quello del neo-Yokozuna. Asashoryu a parte, non si riscontrava uno zensho yusho dall’Aki 1995, autore lo Yokozuna Takanohana: anche questo è un fatto rilevante e che dà la misura del ruolo che Hakuho avrà d’ora in avanti.
Però, se ricordate, avevo rilevato più volte il fatto che Hakuho fosse giunto alla tsuna in ritardo, più o meno di un anno. Se parliamo di giudizi arbitrali parziali a proposito del match Asashoryu-Aminishiki, non possiamo dimenticare il verdetto di Hakuho-Tochiazuma dell’Hatsu 2006. Fu molto irritante ed impedì ad Hakuho di giungere al grande traguardo già a Nagoya, dove sarebbe stato sicuramente promosso anche senza lo yusho. La dietrologia è nociva e poco simpatica, lo so, ma non posso dimenticare il fastidio provato in quell’occasione. Ritengo che Hakuho, invece, possa aver provato quel fastidio con effetto ritardato, in quanto dev’essersi reso conto dell’ampiezza del torto subìto soltanto dopo la mancata promozione di Nagoya. Non a caso, dopo Nagoya aveva mostrato una flessione ed una fragilità che non erano apparse nei primi impegni dell’anno, nemmeno nel playoff di marzo perso contro Asashoryu, fino a giungere al banale infortunio che gli ha sbarrato la strada a fine 2006 e lo ha penalizzato alla prima uscita di quest’anno: la consegna della tsuna, oltre al prestigio intrinseco dell’evento storico, ha il potere taumaturgico di annullare qualsiasi rammarico rivolto al passato.
Potrà sembrarvi strano, ma Nagoya 2006 segna, a mio giudizio, un momento basilare anche della carriera Asashoryu. Da quel momento in poi, infatti, le successive vittorie sono state vissute nell’attesa dell’inevitabile avvento di Hakuho. Era argomento di discussione con Marco, Julien ed Alessandro, se n’è parlato a lungo in tutti i siti dedicati al sumo ma chi ne aveva la certezza assoluta, fino a farsene quasi un’ossessione crescente, era proprio Asashoryu. Per lui, guerriero abituato a non fare prigionieri, l’idea di aver riconosciuto in Hakuho l’antagonista che prima o poi avrebbe reclamato la metà del regno ha costituito un assillo che non aveva mai provato, tantomeno nelle temporanee sfuriate di Kaio e Tochiazuma. Ora che tutto si è compiuto, Asashoryu può tornare a pensare soltanto a combattere per sè stesso, incurante del marcamento a uomo che ha praticato in questi ultimi mesi.
Immagino, senza dovermi sforzare poi tanto, l’angoscia del guerriero il quale, pur avendo vinto la battaglia di marzo alla 13a giornata, si è ritrovato ad aver perso il primo playoff. Asashoryu ha capito di avere il fiato corto e si è dato dell’imbecille per aver gettato al vento i primi due bouts, così determinanti quanto banali.
Ma sarebbe accaduto comunque, perchè Asashoryu non combatteva più con la naturalezza e la serenità che l’avevano accompagnato per tanti anni. Ce ne siamo accorti tutti, estimatori e, soprattutto, detrattori. Questi ultimi, desiderosi come non mai di vederlo soccombere sotto i colpi del vendicatore Hakuho, non si sono negati la perfida soddisfazione di tornare a negare ogni merito allo Yokozuna in difficoltà, rilanciando il patetico proclama dell’inesistenza di avversari al suo livello fino al tanto atteso trionfo di Hakuho: c’è d’aspettarsi che ora riprendano la stessa solfa per minimizzare le gesta del binomio mongolo.
E dire che per metà Natsu siamo stati ammaliati dall’ipotesi di un senshuraku con i due rivali a punteggio pieno, degno finale di una tenzone tornata ad avere quei toni epici tanto cari ai giapponesi (ed anche a noi, perchè no?). La tempra di Asashoryu sembrava poter reggere anche questa nuova avventura e schiuderci ancora le porte del paradiso del sumo, il luogo dove solo gli Yokozuna combattono per lo yusho… invece, ad un certo punto, il granitico eroe delle steppe mongole ha iniziato a sgretolarsi sotto i colpi dell’ineluttabile destino che si stava avverando e che prendeva, di volta in volta, le sembianze di Aminishiki, Chiyotaikai, Kaio e Kotooshu.
Asashoryu s’è infuriato, ha calciato via cuscini e maltrattato inservienti, ha urlato tutta la sua tensione alle telecamere, ma in cuor suo sentiva la marea che montava, quella marea che non si può fermare. Ha combattuto al meglio delle sue attuali possibilità, dissotterrando l’ascia di guerra rimasta chissà dove, ma Hakuho gli è apparso inarrestabile e concentratissimo sull’obiettivo, e così, a meno di un anno di distanza dall’allucinazione di cui ero stato vittima a Nagoya, ho veramente visto due Yokozuna sul dohyo di Tokio.
Ho detto che Asashoryu potrà riprendere la sua corsa con animo più leggero, però ogni suo progetto futuro dovrà necessariamente passare attraverso il superamento del nuovo Yokozuna. Quest’ultimo, da parte sua, sembra seriamente intenzionato a perpetuare i successi che gli sono valsi la tsuna e non vorrà certo interrompere il magico stato di grazia in cui si trova, a patto che sappia gestire anche l’enorme responsabilità che si è caricato sulle spalle.
Ritengo che il duello tra Yokozuna possa valorizzare al massimo le affermazioni di entrambi e servire da esempio a chi ritenga di avere i mezzi tecnici ed atletici, il coraggio e l’ambizione di tentare lo stesso percorso. Vi è qualcuno all’orizzonte che possa compattare tali caratteristiche? A giudicare dai kachi-koshi di maggio, sembra che i nomi sul proscenio non offrano garanzie di attendibilità, se non altro per ciò che riguarda l’anagrafe e la consistenza duratura di certe prestazioni. Non mi sento di puntare sul pur bravo Kotomitsuki, non voglio sentir parlare di Kotooshu (almeno non fino a quando continuerà a fare la comparsa di lusso) e vi prego di perdonarmi se salto a piè pari il solito commentino sull’orgoglio di Kaio e la prestanza atletica di Chiyotaikai. Gli Ozeki giapponesi erano già tali quando sorse l’astro di Asashoryu ed hanno appena visto transitare quello di Hakuho, mentre l’Ozeki bulgaro ha smarrito la mappa che indica la strada verso la gloria. Anche se tutti e tre hanno preso lo scalpo di Asashoryu, fatto davvero eccezionale, ritengo che facciano bene ad incorniciare questo fotogramma e dimenticare in fretta le circostanze che lo hanno generato, altrimenti potrebbero mettersi in testa che la pacchia continui anche a Nagoya. Una bevuta tra amici, qualche vanteria per i fotografi e presto a nanna.
Anche la credibilità di Kisenosato è parzialmente andata a farsi friggere ed il giovanotto vede altri farsi avanti al suo posto, sebbene Homasho abbia deluso e Tochiozan gli sia stato degno compare. Mi sembra che Homasho abbia, comunque, qualche numero in più degli altri sul piano tecnico, ma con il make-koshi si allontanerà dal Sanyaku.
Possiamo puntare su Ama? La questione è seria e delicata. Ama rimane Sekiwake salendo sull’ultimo treno per il kachi-koshi, spesso telecomandato, e non raccoglie quei risultati che lo vedrebbero spiccare il volo verso la Grande Barriera. Ci vogliono anche i chili, nel sumo, ed Ama non riesce a metterne su abbastanza senza perdere agilità e fantasia.
Per tutti gli altri decorati di maggio provenienti dalle posizioni di retrovia, il messaggio è sempre lo stesso: confermatevi e vi daremo credito. Baruto compreso.