Riflettendo sull’Aki 2006 …

Vi confesso che mi sono trovato davvero in difficoltà nello scrivere queste righe a corollario dell’Aki Basho. L’ampissima partecipazione al dibattito quotidiano da parte di tutti voi, prima, ed il bellissimo ed esaustivo commento di Pierfranco, poi, hanno infatti praticamente esaurito ogni spunto di riflessione che potesse avere una qualche pretesa di originalità. Mi auguro pertanto di riuscire nell’intento che mi sono prefisso di non annoiarvi con argomenti già ampiamente trattati.

Come delineava già Pierfranco, quello con il torneo d’autunno è sempre stato un appuntamento un po’ particolare per Asashoryu, che si è trovato costretto ad una affannosa rimonta (con tanto di playoff) nel 2005, a mettere nel carnet il suo peggior risultato (9-6) da Yokozuna nel 2004 e a subire due sconfitte consecutive (alla 12a e 13a giornata) nel 2003.
E questo Aki 2006, nelle premesse, rischiava di esserlo ancor di più per la pretenziosa regia dello YDC (che mai come in questa occasione ha dimostrato di essersi formato alla scuola di Ionescu), che relegava lo Yokozuna nel ruolo inusuale (ed irrispettoso, lasciatemelo dire) di coprotagonista, se non, addirittura, di comprimario.
Ma evidentemente questo tentativo dello YDC di appropriarsi di prerogative che non gli sono proprie deve aver suscitato la disapprovazione dell’insolito sodalizio fra il commediografo romeno ed il Kojiki, che è, ricordiamolo, l’unico organo supremo cui spetta dirimere ogni controversia in materia di sumo. E così mentre Amaterasu si adoperava per ripristinare le giuste gerarchie “sumesche”, decretando già alla prima giornata la caduta dell’usurpatore Hakuho (reo anche di aver più volte sottolineato il rammarico per un rango che riteneva già suo di diritto) e dei più stretti vassalli di Asashoryu, il buon Eugen (Ionescu) delineava i tratti del tradizionale canovaccio del ridicolo per cotanti sfrontati registi, riconsegnando all’interprete di Ulan Bator quel ruolo di protagonista assoluto che innegabilmente gli spetta.
Senza voler entrare nel dettaglio dei bout delle quindici giornate, l’Aki 2006 ha infatti sancito, in modo netto ed inequivocabile, non solo che Asashoryu è l’unico Yokozuna legittimo, ma anche che il dohyo è l’unico imparziale giudice delle fortune e delle disgrazie di tutti i rikishi, negando di fatto l’esistenza di scorciatoie di comodo. E’ la sabbia del dohyo che decreta i campioni e non gli atti dei comitati.

Dal punto di vista tecnico, se si esclude la solita prestazione “monstre” di Asashoryu, capace di ben 10 kimaritè differenti (sulle 13 vittorie che gli sono state assegnate), l’Aki non mi è parso un basho eccezionale.
Le prestazioni altalenanti di tutti gli esponenti del Sanyaku ne hanno messo a nudo le carenze tecniche oltre che (per alcuni) caratteriali: non starò a soffermarmi sulle difficoltà di Hakuho quando gli viene negata la presa al tachi-ai, sui passettini laterali con il busto pericolosamente proteso in avanti di Kotooshu, sulla monocordicità del sumo di Chiyotaikai, Tochiazuma e Miyabiyama, sulle difficoltà di andare ben oltre il kachi-koshi di Kisenosato e Kotomitsuki, argomenti tutti ormai ampiamente trattati e metabolizzati e sui quali, nelle pagine del nostro sito, è anche emersa una qual sorta di univocità di giudizio.

Ma nonostante questa scarsità di contenuti tecnici, non si è certamente trattato di un basho povero di contenuti in assoluto.
Come nelle migliori espressioni del teatro greco antico, abbiamo visto eroi incipienti ammantati nello splendore di una gloria annunciata relegati nelle avversità quotidiane (Hakuho, Miyabiyama e Baruto), veterani feriti e sofferenti risorgere ai fasti della vittoria (Tochiazuma), comprimari assurgere al ruolo di quasi eroi (Ama ed Aminishiki), condottieri impavidi misurarsi con il loro destino (Roho e Kokkai), un protagonista indiscusso in grado di sovvertire un disegno già tracciato (Asashoryu), nonchè colpi di scena a ripetizione fin dal sollevarsi del sipario e culminati in quella sorta di “caduta degli idoli” andata in scena alla storica sesta giornata.
E sempre nel solco della migliore drammaturgia, l’Aki ci ha anche regalato, in uno dei bout agonisticamente (ma non certamente tecnicamente) più belli degli ultimi anni, la rituale e cruentissima battaglia finale con protagonista l’eroe vittorioso ma che deve comunque pagare il suo tributo ad un volere superiore (e mi sto ovviamente riferendo allo “scontro” fra Asashoryu e Chiyotaikai della 14a giornata, decretato nell’esito finale dal contestato e contestabile giudizio degli shinpan).

Ma al di là dei suoi contenuti drammaturgici, l’Aki ha anche evidenziato in tutta la sua problematicità la difficoltà di un ricambio generazionale che sembra ormai imminente ed inevitabile.
Il ritiro, già nella prima settimana, di Kaio ha tutto il sapore del prologo all’ormai inevitabile danpatsu che ci priverà del più anziano, talentuoso ed amato degli Ozeki in attività. La sua stoica resistenza lo ha già reso emulo di due dei più acclamati Ozeki del recente passato, Kirishima e Konishiki, che continuarono a calpestare il dohyo ben oltre le loro possibilità fisiche e mi auguro davvero che Kaio non voglia imitarli fino alla perdita del rango.
Come ho già avuto modo di scrivere, Chiyotaikai e Tochiazuma (entrambi 30enni) non sono neanche loro più dei “ragazzini”. In questo Aki hanno entrambi conseguito un kachi-koshi poco più che sufficiente, ma, tranne qualche sporadica eccezione, rimangono tutti e due ormai con preoccupante costanza sotto quel limite di vittorie (ricordato da Pierfranco nel suo commento) che è lecito aspettarsi da un Ozeki.
Sono convinto che, al di là del loro più che legittimo orgoglio, Chiyotaikai e Tochiazuma siano ben consci dei propri limiti, che ne impediscono la scalata al vertice assoluto del Sanyaku, e vorranno evitare di macchiare una brillantissima carriera con l’onta di una retrocessione.

Discorso analogo credo possa valere anche per Miyabiyama (29 anni per lui), il cui unico obiettivo effettivamente perseguibile è quello di presentarsi al danpatsu in quel rango di Ozeki che era già suo nel lontano 2000, e Kotomitsuki (30 anni compiuti ad aprile), che non è mai stato capace di andare oltre il rango di Sekiwake e che, visti i suoi risultati recenti, potrebbe riuscirvi solo per il ritiro di qualcuno degli Ozeki in attività.

Alle spalle di questi Ozeki di carriera (come li chiama giustamente Pierfranco), casta che ha avuto in Musoyama l’ultimo rappresentate ad aver abbandonato l’attività, vedo al momento ben pochi rikishi in grado di rimpiazzarli adeguatamente. E l’Aki è stato davvero impietoso nel mettere a nudo le “deficienze” di molti di loro.

Di Hakuho abbiamo già detto tutto (e forse anche di più). Personalmente vedo nel dover riprendere daccapo la rincorsa al vertice assoluto del Sanyaku un elemento essenziale per quella maturazione, che è condizione necessaria per poter ricoprire il rango di Yokozuna.
Hakuho è molto giovane (ha 21 anni e mezzo) ed ha già mostrato più volte quelle che sono le sue enormi potenzialità tecniche. Purtroppo finora le ha accompagnate, troppo spesso, con sfrontatezza ed irriverenza (ricordate cosa combinò, ad esempio, con Asashoryu alla 1a giornata del Kyushu 2005?) oltre che con mancanza di solidità psicologica, concentrazione e capacità di sofferenza. Il tempo gioca a suo favore ed in un futuro non troppo lontano potrà sicuramente fregiarsi di quella tsuna che gli si è appena volatilizzata fra le mani.

Su Kotooshu ho ribadito più volte la natura del mio per così dire “scetticismo”. Sono convinto che la sua maggiore potenzialità risieda nelle sue caratteristiche morfologiche decisamente fuori standard rispetto a quelle dei rikishi orientali. Quando imparerà a farne il suo vero punto di forza (come fecero prima di lui gli hawaiani) di sicuro potrà centrare obiettivi più prestigiosi dei “magri” kachi-koshi (al suo 10-5 dell’Aki ha contribuito anche il no-contest di Baruto) ottenuti da quando è Ozeki.
Kotooshu (anche lui decisamente giovane dati i suoi 23 anni) ha impiegato meno tempo perfino di Asashoryu nel percorrere il tragitto da Maegashira ad Ozeki, cosa che ritengo non gli abbia affatto giovato.

L’ennesima speranza giapponese Kisenosato ha ottenuto all’Aki 2006 il suo quarto 8-7 negli ultimi 5 basho. Se il kachi-koshi di misura è comunque il risultato minimo indispensabile per non subire retrocessioni e ricevere promozioni, non può certo essere sufficiente per scalare i vertici del Sanyaku. Così come non può esserlo alternare prestazioni di assoluta eccellenza (come le affermazioni su Hakuho ed Asashoryu) ad altrettante prestazioni assolutamente insufficienti.
In ogni caso il Komusubi giapponese, per mezzi tecnici oltre che anagrafici (ha da poco compiuto 20 anni), si colloca sicuramente nel ristretto gruppo dei rikishi con le maggiori potenzialità di affermazione ad alto livello, anche se il rischio che rimanga l’ennesima “eterna promessa” è purtroppo ancora consistente.

Di maggior spessore è stato, invece, il kachi-koshi di Kokkai in ragione soprattutto del fatto che il rikishi georgiano era al suo debutto nel gradino più basso del Sanyaku. E non gli si può certo rimproverare, se in una situazione anche psicologicamente così difficile, si sia affidato quasi esclusivamente al suo sumo fatto di spinte ed aggressività. Sebbene Kokkai annoveri fra le sue vittime praticamente tutto il vertice attuale del Sanyaku, a partire dallo stesso Yokozuna, difficile prevedere per il rikishi georgiano un futuro molto al di sopra del rango che ha così faticosamente conquistato mostrando sul dohyo un cuore da gladiatore.

Tolto Asashoryu, le prestazioni migliori, anche dal punto di vista aritmetico, sono venute da alcuni Maegashira. Fra questi, Roho ha centrato il risultato che gli era stato pronosticato (almeno da me), mentre Aminishiki, Iwakiyama ed Ama, sono andati, ritengo, ben oltre ogni più rosea previsione.
Va detto che i 4 Maegashira in questione hanno ottenuto da soli 42 vittorie, contro le 40 conquistate complessivamente dagli altri 8 Maegashira di livello dall’1 al 6.
Questa della crisi di risultati dei Maegashira di livello elevato, dopo essersi già verificata a Nagoya, sta diventando una tendenza molto preoccupante, perchè denuncia l’incapacità di molti rikishi di ripetere con costanza risultati positivi.

Nell’ottica del ricambio generazionale che sta facendo da “fil rouge” a questo mio commento, fra i 4 Maegashira citati vedo il solo Roho come il rikishi in grado di affermarsi fino al rango di Ozeki. Il russo ha le caratteristiche fisiche e tecniche (anche se è ancora un po’ “grezzo” sotto questo aspetto) per riuscire nell’impresa, ha già subito (e spero metabolizzato) lo scotto del debutto nel Sanyaku e sembra aver risolto finalmente i suoi problemi caratteriali. Nella condotta dei suoi basho è possibile trovare ancora qualche passaggio a vuoto, ma tutto sommato questo è ancora (per poco) accettabile.

Aminishiki ed Iwakiyama hanno rispettivamente 28 e 30 anni ed il loro miglior piazzamento nel banzuke li ha visti Maegashira 1 e Komusubi. Difficile, vista l’età, che possano salire molto oltre.

Ama si è confermato ancora una volta il beniamino di un pubblico sicuramente esaltato dall’ennesima riproposizione della lotta di Davide contro Golia. Il rikishi mongolo ha idealmente raccolto il testimone da un altro amatissimo sumotori di qualche anno fa, quel Mainoumi che a discapito dei suoi 170 cm (reali) riusciva ad avere la meglio su colossi della stazza di Konishiki ed Akebono. Di Mainoumi, Ama è fisicamente più prestante e ne ha probabilmente la velocità e la tecnica, ma non la frenesia e la tenacia. Come già per il suo predecessore è oggettivamente difficile pronosticare per lui grosse possibilità fra i Sanyaku. In questo Aki, tra l’altro, la sua insperata rincorsa allo yusho si è fermata proprio in quei confronti diretti nei quali, invece, Mainoumi traeva gli stimoli necessari per le sue grandi imprese.

In questa mia riflessione “a bocce ferme” mi sembra opportuno inserire alcune considerazioni anche sullo YDC e sugli shinpan.
I proclami pre-basho e gli annunci post-basho hanno inesorabilmente messo in evidenza gli aspetti contraddittori ed incoerenti che sembrano ormai governare uno YDC sempre più smarrito sulla strada di Damasco. Ciliegina sulla torta la pretesa di un 12-3 solo per prendere in esame l’eventualità di una promozione ad Ozeki di Miyabiyama (quando un 12-3 da Sekiwake comporta di rito la promozione). Il rikishi giapponese rischia di pagare “in toto” gli errori dello YDC nella gestione della questione “Hakuho-Yokozuna”.
Gli shimpan, da parte loro, in occasione dell’assai discusso match fra Asashoryu e Chiyotaikai hanno perso per l’ennesima volta la possibilità di manifestare coerenza e capacità di giudizio nell’arrestare la tendenza che vuole lo Yokozuna sempre sconfitto (nonstante le immagini lo consacrino vincitore) a vantaggio dei rikishi giapponesi nei bout che richiedono un giudizio collegiale.
Non credo sarà l’ultima volta che assisteremo a questo tipo di scempio. E questo nonostante Asashoryu, a soli 26 anni, sia l’unico Yokozuna in attività, abbia già 18 tornei all’attivo, il record assoluto di yusho consecutivi (7) e di incontri vinti in un solo anno (84 contro gli 80 di Chiyonofuji) … o forse proprio per questo.

Vorrei concludere ringraziando Pierfranco e Julien per la fantastica opportunità che mi hanno dato di occuparmi dalle pagine di sumo.it di questa che è una delle mie passioni più recenti ma sicuramente più grandi, nonchè tutti voi che avete avuto la pazienza di leggere e commentare le mie strampalate riflessioni.

Arigatò.