Ricordate? Ci eravamo lasciati, a Nagoya, con la mancata promozione di Hakuho, motivata dallo YDC con la proclamazione che quello era stato il Torneo di Asashoryu, reduce dall’infortunio e capace di arrivare imbattuto all’ultima giornata. Era sembrato a tutti, me compreso, che l’avvento del nuovo Yokozuna fosse solo una questione burocratica, un semplice differimento nel tempo. L’Aki Basho ci ha invece mostrato una realtà ben diversa, o, se preferite, la realtà che il sumo sta mostrando da quasi tre anni: Asashoryu è il padrone del dohyo, che lo si voglia o no, ed ha ceduto solo alle baldorie matrimoniali (Aki 2004) o ai malanni fisici (Hatsu e Natsu 2006). Risulta evidente come lo Yokozuna abbia perso un solo yusho per propri demeriti, mentre è ben saldo al comando quando le cose funzionano a dovere. Questa premessa serve a chiarire l’ambito in cui si svolgono le vicende del sumo, così da evitare fraintendimenti nello sviluppo del discorso.
L’Aki 2006 ha tenuto fede alle sue caratteristiche di Torneo delle sorprese: nel 2004 uno Yokozuna distratto e fuori condizione aveva rimediato il peggior score del triennio (9-6), mentre lo scorso anno ci fu l’incredibile rimonta su Kotooshu, terminata con un playoff raggiunto con un drammatico crescendo di colpi di scena. Dato che il risultato dell”Aki 2006 non è stato mai in bilico, se non dal mero punto di vista aritmetico, le sorprese (negative) sono giunte dall’enorme divario finale tra il vincitore e tutti gli altri rikishi – il più ampio degli ultimi tempi – e dal tormentato cammino dei Sanyaku, primi fra tutti gli Ozeki, ed in particolare di Hakuho. I riscontri positivi, invece, sono legati ai risultati di Ama, Aminishiki e Roho, con un distinguo rappresentato dal calendario e dai risultati contro i Sanyaku. Tutti temi da trattare ed approfondire.
Asashoryu ha condotto il Torneo concedendosi la sola distrazione del match contro Kisenosato, sconfitta netta ed ampiamente commentata. Altrettanto dibattuto ed analizzato è stato il bout con Chiyotaikai, e ritengo che i due episodi abbiano trovato tutto lo spazio che meritavano. Non so, invece, dove troveremo la capienza adatta a contenere i commenti e le lodi alle gesta dello Yokozuna. Passano gli anni, scorrono i Tornei, ma il filo conduttore del sumo del nuovo secolo è sempre lui. Abbiamo ammirato le sue imprese e sottolineato ogni prodezza, giungendo quasi ad esaurire gli aggettivi ed i superlativi: quest’ultimo yusho ha però qualcosa di diverso, a mio giudizio, e cercherò di spiegarvene la ragione.
Quando Asashoryu divenne Yokozuna, non godeva di una buona reputazione. Il suo carattere altamente infiammabile lo aveva già reso famoso nelle categorie inferiori, ed egli aveva contribuito ad alimentare l’ostilità nei suoi confronti con atteggiamenti e comportamenti al limite della radiazione. Si era formato, in Giappone, un vero e proprio movimento d’opinione contro l’invasore mongolo che contestava le decisioni arbitrali, insorgeva contro la struttura neo-feudale delle scuole di sumo, rinnegava e minacciava fisicamente il proprio maestro (rifiutandosi poi di presenziare al suo funerale), ritirava i premi in denaro con la mano sinistra e si rifiutava di dividerli con l’Oyakata nella percentuale storicamente stabilita. Per non parlare della polemica sui regali di nozze.
Nel frattempo, però, Asashoryu continuava a vincere, anzi a stravincere. Ed allora sono arrivate le critiche per la presenza di troppi stranieri nel sumo ed i paragoni con i grandi Yokozuna del passato, ai quali Asashoryu non poteva neanche lontanamente accostarsi perchè privo di una vera e consistente concorrenza sul dohyo. Poi è avvenuto l’imprevedibile: Asashoryu, magico ed implacabile, si aggiudica il Grande Slam e stabilisce addirittura il record assoluto di yusho consecutivi (7, per chi non lo ricordasse), e nel momento della massima esaltazione agonistica, del trionfo senza eguali, lo Yokozuna si commuove e prorompe in un pianto incontenibile, rivelando l’aspetto più segreto della sua personalità. Tutto il Giappone ha preso coscienza dell’uomo Asashoryu, ricambiando quell’attimo di stupenda umanità con un tributo di stima e rispetto fino a quel momento impensabile.
Da quel momento, invece, Asashoryu è diventato uomo-immagine apprezzato ed acclamato, comunicatore di talento e… saggio dispensatore d’interviste. La sfida con Kotooshu gli aveva dato una prima occasione di mostrarsi accomodante e prodigo di complimenti e suggerimenti nei confronti dell’avversario battuto, ma la successiva contesa con Hakuho ha consacrato le sue qualità di attento ed acuto gestore del potere.
Prima di Nagoya, Asashoryu si era detto impaziente di vedere un nuovo Yokozuna al suo fianco, ratificando le aspettative del pubblico e mostrando grande ammirazione per Hakuho. Dopo Nagoya, si è dispiaciuto per la mancata promozione del connazionale e lo ha consolato con parole di grande conforto. Prima dell’Aki, Asashoryu aveva prospettato la condivisione del trono come un evento prossimo e positivo, al termine del Torneo ha trovato il giusto modo per rimarcare le difficoltà psicologiche incontrate da Hakuho (infortunio a parte) con generosa comprensione, ricordando che anch’egli aveva avuto dei problemi simili.
Ecco, la differenza è tutta qui. Asashoryu continua a vincere e stupire, è vero, ma ha compiuto una maturazione che lo ha reso quasi un santone del sumo: non è più l’estraneo usurpatore, il detestabile campione che opprimeva i rikishi giapponesi (ma allora, sono forti o no? Decidiamoci…), bensì uno Yokozuna al 100%, sul dohyo e nel costume giapponese. Ed i giapponesi hanno gradito. Anche se non c’è stata vera incertezza, Asashoryu ha vinto l’Aki Basho alla grande e tutti lo riconoscono. Si è perfino contenuto nelle esternazioni dopo il match con Chiyotaikai, concedendo alla folla un’esultanza che ha avuto il sapore dello sfogo liberatorio di un attimo (un pò esagerato, vero Alessandro?). Aveva già lo yusho in tasca, non dimentichiamolo, ma lo Yokozuna non è uno che si rassegni a perdere in nome della pax giapponensis (che Cicerone mi perdoni…). In sostanza, a me sembra che il successo della sua personalità sia altrettanto straordinario quanto le sue vittorie sul dohyo, e lo affermo con cognizione di causa: il diciottesimo yusho, quello della maggiore età (come lo ha chiamato Marco), è stato siglato con quell’incedere travolgente ed imperioso, con quella particolare forma d’arte che è il sumo di Asashoryu (e di nessun’altro, al momento).
Scendere dal paradiso agl’inferi non è cosa semplice (e nemmeno piacevole), ma questo percorso dantesco a ritroso si rende necessario per passare al commento riguardante Hakuho. Voglio subito chiarire che la giustificazione dell’infortunio alla prima giornata mi trova alquanto scettico. Non ho partecipato alla discussione sul forum riguardo alla notizia apparsa lunedì scorso, perchè mi riservavo di dire la mia in questa sede. Non ritengo che l’infortunio sia un pretesto in assoluto, credo invece che Hakuho, o chi per lui, abbia voluto creare un ammortizzatore morale al brutto esito del Torneo. E’ rimasto sul dohyo ed ha combattuto fino all’ultimo senza evidenziare particolari handicap (o li ha abilmente celati), ed ha perso una serie di bouts in modo più che ammissibile. Anche il match con Asashoryu mi è sembrato del tutto credibile, sia sul piano fisico che agonistico, al punto che la vittoria dello Yokozuna è stata fortemente contrastata, se non incerta.
A mio modo di vedere, i problemi di Hakuho sono da ricercare principalmente nella sua spasmodica urgenza di raggiungere il traguardo più prestigioso e nell’aver ecceduto in tattiche che hanno denotato una certa (ed inadeguata) impazienza. L’Ozeki mongolo si sentiva troppo convinto dei suoi mezzi e certo di superare agevolmente avversari che considerava di transito, trovando invece sulla sua strada rikishi come Amishiki e Kotomitsuki, che lo hanno messo alla frusta e ne hanno determinato uno stato di trasparente apprensione ed insicurezza. Non s’è mai vista quella convinta superiorità che lo aveva guidato negli ultimi due Tornei, fatta anche di ragionata prudenza nell’attaccare e nell’attendere il momento giusto per colpire l’avversario. Le sconfitte contro la maggioranza dei Sanyaku, tolti Kokkai e Miyabiyama, lo dimostrano.
Infortunio o no, insomma, Hakuho ha sbagliato moltissimo. La prima sconfitta ha certamente pregiudicato il suo progetto strategico, innescando quel meccanismo psicologico in cui l’ansia da prestazione (sportiva, naturalmente…) ha preso il sopravvento sulla lucidità tattica, come detto.
Come diretta conseguenza del suo 8-7 finale, lo YDC non ha potuto fare altro che tornare ad indicare la strada maestra, quella che conduce da sempre alla promozione a Yokozuna: ad Hakuho occorreranno due yusho consecutivi. Ciò significa l’azzeramento di ogni sottosistema secondario che, eventualmente, potrebbe essere ripreso in considerazione alla luce di risultati costanti e comunque equiparabili a quelli dello Yokozuna in carica.
Settembre è un mese fatale, che ha visto già due attesi eroi fallire la prova decisiva, ma per Hakuho, più che per il Kotooshu del 2005, esistono concrete speranze di riabilitarsi in fretta.
Seguendo la logica dei risultati, e non quella del rango, il discorso si sposta sui Maegashira delle meraviglie. Come ho accennato in premessa, non possiamo valutare allo stesso modo la performance di Aminishiki, Roho ed Ama, dato che quest’ultimo ha goduto di un calendario inizialmente tarato sulla sua classifica di Maegashira 6, sulla carta più vantaggioso. Ma la serie di vittorie accumulate da Ama, ed il suo 11-4 finale, hanno una connotazione emotiva, oltre che tecnica, alla quale non possiamo sfuggire. Il giovane peso piuma mongolo ha dato lezione di stile e combattività, eseguendo spettacolari assoli di grande sumo e tirando il fiato solo contro le teste coronate del banzuke. E’ mancato l’acuto di prestigio, è vero, però il Fighting Spirit Prize ha suggellato un Torneo da protagonista. Tralascio tutti i complicati ragionamenti sulla sua posizione nel banzuke di novembre, vedremo cosa deciderà il Kyokai.
La palma del più bravo tra i mortali, l’ha invece conquistata Aminishiki, artefice di una splendida striscia di vittorie sui Sanyaku. Pur non venendo da risultati particolarmente brillanti nei Tornei precedenti, Aminishiki si è presentato a Tokio in un totale stato di grazia che, per felice coincidenza, lo ha esaltato nel durissimo cammino che la sua classifica di Maegashira 3 prevedeva. Vince per la terza volta il Technique Prize, segno di una carriera più che decorosa, e si propone per un posto nel Sanyaku.
Le aride statistiche degli ultimi 6 Tornei ci dicono che Roho, fatta eccezione per il 4-11 di maggio (fugace apparizione da Komusubi), ha un passo superiore a quello di Kotomitsuki: avesse azzeccato anche il Natsu Basho, probabilmente sarebbe già appaiato al Sekiwake, abbonato ad un periodico 8-7. Roho ha accusato quel paio di sconfitte poco edificanti che lo accompagnano da sempre, però ha tenuto bene il dohyo e si può vantare di aver sconfitto tutti gli Ozeki tranne Hakuho, che gli è stato risparmiato dal calendario: niente male! Inoltre, il russo ha dato un deciso cambio d’indirizzo al suo comportamento, e speriamo che non ricada negli errori del passato. Al di là dei numeri, comunque, Roho ha praticato un buon sumo di sostanza, abbellito qua e là da qualche numero tecnicamente apprezzabile. Non sarà mai un mostro di fantasia e, soprattutto, di simpatia, ma potrebbe mantenere un buon rendimento nel tempo e minacciare i Sekiwake, visto che la risalita a Komusubi sembra cosa acquisita.
Tornando al rispetto delle gerarchie, è il momento degli altri Ozeki; mi sembra giusto iniziare da Kotooshu, se non altro per aver chiuso il Torneo in netta serie positiva. Mi asterrò dal commentare le vicende di Kaio.
L’Ozeki europeo, adeguandosi all’esempio dei suoi colleghi giapponesi, si mantiene sotto il par delle 11,3 vittorie di media, limite sindacale stabilito per non decadere dal suo rango, ma sono anni che il parametro viene disatteso dal Kyokai. Ciò detto, possiamo ritenere incoraggiante la cinquina con cui Kotooshu si è congedato dal dohyo di Tokio, comprendente anche il no- contest per il ritiro di Baruto. Gli ultimi due bouts hanno addirittura fatto sobbalzare l’amico Julien, rischiando di fargli andare di traverso la prima colazione (e non nego di aver gioito con lui). Ci è stato negato il match con Asashoryu, a causa dell’intromissione di Ama ai vertici della classifica provvisoria.
Kotooshu ha anche modificato il kanji del suo shikona, accorgimento sul quale lo stesso Julien ci ha magistralmente illuminati: speriamo che l’usanza scaramantica sia foriera di buone novità e di un miglior sumo.
Chiyotaikai ha raddoppiato la gioia del Ryogoku Kokugikan con la vittoria su Asashoryu (dopo quella di Kisenosato) e si è comportato come di consueto, disseminando il suo score di un numero di sconfitte ampiamente coerente con i dati degli ultimi tempi. Alla decima giornata era già ufficialmente escluso da qualsiasi ambizione allo yusho, ma anche questo rientra nella norma. Qualche bel flash di tanto in tanto, rituale accademia dello tsuppari ed un ceffone che avrebbe staccato la testa a chiunque non fosse un rikishi allenato, sono il bilancio dell’Ozeki scapigliatore.
Di Tochiazuma posso dire che ha resistito stoicamente sul dohyo ed ha stupito per il recupero fisico. Mettiamola così: esordio con trittico di pesanti sconfitte (stile trattoria di campagna: tagliatelle, cannelloni e ravioli), con evidente zoppia e seri dubbi sulla continuazione delle ostilità; intermezzo di vittorie su Komusubi ed Ozeki, con la sola caduta per mano di Baruto, e gran finale con la soddisfazione di aver sconfitto Ama ed Aminishiki, stelline del Torneo. Tochiazuma saluta Tokio con un bottino che farebbe contento un Maegashira sano e che soddisfa a metà un Ozeki molto acciaccato che sembrava non poter muovere la gamba infortunata. Da segnalare la ripetitività dei kimarite vincenti: tre oshidashi, altrettanti tsukiotoshi e due yorikiri.
La zona dei Sekiwake ha vissuto giornate alterne. Kotomitsuki ha riportato il kachi-koshi alla 13a, ripetendo il tradizionale 8-7 che ho avuto modo di citare a proposito di Roho. Ha steso i quattro Ozeki che ha incontrato (Kotooshu non l’ha visto nemmeno lui), mentre si è arreso ad avversari meno quotati. Senza questi errori, avrebbe potuto cogliere un risultato molto più corposo e far sparire, in parte, il broncio che lo rende inconfondibile.
Miyabiyama non è andato oltre un buon 9-6, rinunciando alle attese di promozione e ripiegando su uno standard più consono al suo valore. La sopravvalutazione di Miyabiyama è stato un tema di cui si è molto trattato ed il Kyokai ci ha messo il carico da undici: per la promozione ad Ozeki saranno necessarie 12 vittorie al Kyushu Basho, il che equivale a dire “Mission (almost) impossible”.
Kisenosato ha compiuto il capolavoro del Torneo contro Asashoryu, dopo che aveva superato anche Hakuho alla prima giornata, e si è portato a casa l’Outstanding Performance Award, ma il kachi-koshi lo ha strappato all’ultimo momento e grazie al forfait di Futeno. Non mi sembra che si possa parlare di una prestazione eminente sotto ogni profilo. Kisenosato ha spesso deluso i suoi fans con un sumo non all’altezza delle aspettative che in lui vengono riposte, poichè la scalata al Sanyaku richiede una continuità di risultati che il giovane rikishi nipponico non ha ancora espresso. La promessa è sempre valida, ma il sopraggiungere di altri agguerriti pretendenti la rende molto più difficile da mantenere.
Kokkai ha difeso strenuamente il posto tra i Sanyaku ed è andato a conquistare il kachi-koshi contro alcuni degli avversari più temibili. Bravo in queste circostanze, il georgiano subisce invece delle sconfitte decisamente evitabili e non riesce ancora a modulare la propria condotta di gara. L’assalto a testa bassa è da sempre il suo clichè e non se ne vuole separare, limitandosi, per lo più, alle sole tecniche di spinta; vorrei vederlo più spesso andare in presa e mettere la forza al servizio dell’abilità nel corpo a corpo, ma forse è soltanto una pia speranza.
Nelle posizioni appena più arretrate, si sono distinti Iwakiyama, Futeno e Kotoshogiku, che ritroveremo, nel prossimo banzuke, al posto dei rikishi macchiati dal make-koshi. Tra questi, pessimi Tamanoshima, Tamakasuga e Baruto, finchè ha combattuto. Sull’estone si stanno addensando le fosche nubi di un danno fisico molto serio che lo potrebbe escludere dal prossimo Torneo, comportandone la retrocessione al fondo del banzuke, se non tra i Juryo.
Prima di lasciarvi, voglio ringraziare Marco per il prezioso lavoro quotidiano che ha svolto e che ha incontrato il gradimento di tutti gli amici di Sumo.it.
Sayonara.