Abbiamo tutti un Dragone Blu da piangere

E’ terminato il primo Basho dell’era p.A. (post Asashoryu). Abbiamo di nuovo un solo Yokozuna regnante (e dominante) e la consapevolezza che non sarà facile batterlo. Hakuho si è imposto da gigante, mettendo in campo la sua classe, i suoi muscoli e la sua arte intimidatoria, lasciando a Baruto la soddisfazione dei riconoscimenti per la tecnica (Gino-sho) e lo spirito combattivo (Kanto-sho), oltre alla incontenibile gioia della promozione ad Ozeki.
Gli Ozeki giapponesi superstiti, dopo il ritiro di Mouliex-Aiace-Chiyotaikai, hanno mostrato tutti i limiti del loro sumo d’annata, mentre i talenti stranieri si sono arresi fin troppo presto. Resta il bravo neo-Ozeki Baruto, al suo miglior risultato di sempre, però non è come battere Hakuho e correre per lo yusho.
Harumafuji tradisce molte speranze con troppo anticipo e non può neanche regalarci la gioia di un kettei-sen tra Hakuho e Baruto.. I risultati numerici, poi, ci raffigurano la costante frattura tra il Sanyaku e la sua base d’appoggio, i primi Maegashira, tanto che ormai diventa quasi comica la ricerca dei rincalzi a metà banzuke ed oltre. Per trovare il primo k-k, infatti, bisogna arrivare a M3, mentre il secondo non lo si vede prima di M5. In mezzo, come di consueto, una valle di lacrime, appena mitigata dalle attenuanti tecnico-anagrafiche a discolpa di Wakanosato e Kyokutenho.
Con la contemporanea perdita di uno Yokozuna ed un ex-Ozeki, per quanto quest’ultimo fosse ormai un Sekiwake in fase più che calante, i punteggi dei giovani rikishi più ambiziosi e rampanti avrebbero dovuto migliorare nettamente, invece abbiamo riscontrato ben poca crescita, con i due Ozeki d’importazione inchiodati sul 10-5 ed incapaci di sconfiggere avversari decisamente meno quotati; impensabile, ovviamente, attaccare il dominatore mongolo, anche se Harumafuji non ha deposto le armi facilmente. Kotooshu ha perso da Aminishiki e Tosayutaka, prima di cedere anche a Baruto, e queste sconfitte gli sono costate la speranza di combattere per lo yusho. A conti fatti, comunque, i loro rispettivi yusho restano episodici e lontani nel tempo, specie quello di Kotooshu, e l’assenza del Grande Mago Mongolo non ha dato loro quella motivazione che in molti speravano di vedere tradotta sul dohyo in maggior determinazione e volontà di arrivare almeno al Senshuraku con i numeri adatti a pretendere un kettei-sen.

Ho sentito motli esperti dire che si è trattato di un Torneo noioso e privo di particolari emozioni; la noia legata al dominio di un solo rikishi è un fattore al quale dovremo abituarci, a meno di esplosioni di campioni nel breve termine.
La noia non ci ha accompagnati durante la lunga reggenza di Asashoryu, sebbene vincesse molto e -a volte- molto facilmente, perchè gli Ozeki erano tonici e portavano a casa degli yusho (primo periodo) e perchè abbiamo visto sorgere niente meno che uno dei più forti Yukozuna moderni.
Con l’assenza di Asashoryu e la carenza di antagonisti di valore, però, rischiamo fortemente di assistere ad una lunga teoria d’incontrastate affermazioni fotocopia da parte di Godzilla-Hakuho. Ciò non toglie che Hakuho sia un grandissimo campione e che meriti ogni suo yusho, ma il sumo deve contemplare anche spettacolarità, coraggio e tensione agonistica, altrimenti decade l’interesse e tutto si riduce, come detto, ad una parata di vittorie piuttosto monotone. Di positivo c’è che potremo commentare il sumo di un solo Yokozuna mongolo, senza dover specificare ogni volta l’ordine temporale delle loro promozioni: un bel vantaggio! Ci dovremo anche abituare all’assenza dei caustici commenti della Dama Innominabile, dato che la Signora Uchidate si è ritirata al pari del suo bersaglio fisso, e questo riporta il sumo alla normalità fortemente voluta dal Kyokai e dallo YDC.

Dal punto di vista tecnico, questo tredicesimo yusho di Hakuho ha visto una maggioranza di soluzioni in proiezione e di ribaltamento, come nello stile più consono alle doti dello Yokozuna. Negli ultimi sette bouts, infatti, troviamo ben tre uwatenage, due sukuinage, un oshidashi ed uno yoritaoshi. In totale, poi, tre soli yorikiri. Hakuho ha dato prova di grande controllo soprattutto nei confronti diretti con i potenziali pretendenti allo yusho ed ha condotto con intelligenza tutte queste sfide. La cosa più rimarchevole l’ha mostrata contro Harumafuji, a mio giudizio, quando ha mantenuto la concentrazione al massimo livello e non si è lasciato condizionare dalla vittoria di Baruto, pronto a tornare sul dohyo per un kettei-sen tra giganti. Hakuho ha dovuto parare gli attacchi calibrati dell’Ozeki conterraneo ed è entrato nella difesa di quest’ultimo con un tempismo strepitoso, forte del vantaggio di peso e della maggior resistenza allo sforzo prolungato.

Un piccolo commento lo rivolgo anche ai vincitori delle categorie inferiori.
A giudicare dalle descrizioni anagrafiche, non si può certo dire che il sumo sia al riparo dall’invecchiamento: fatta eccezione per la Jonokuchi, dove gareggiano ragazzini del liceo, gli altri yusho sono andati a rikishi piuttosto maturotti e questo non depone a favore del ricambio generazionale. Kimurayama (Juryo) ha 28 anni, Sensho (Sandanme) ne ha 26 e Chiyonishiki (Jonidan) 27.
Solo tra i Makushita, terza forza del sumo, si è fatto onore un bulgaro di 23 anni, Aoiyama, il quale ha esordito nel sumo solo a luglio 2009; potrebbe essere un buon segnale, basta non ricordare che alla sua età Asa era già Yokozuna…

Dell’Haru Basho sono certo che si tornerà a parlare nei prossimi commenti, mentre a me sta a cuore riprendere il filo del discorso su ciò che ha preceduto quest’ultimo Torneo, dato che ha avuto una rilevanza planetaria e storica. E poi, visto che è finita un’era che ci ha visti tutti testimoni, non sarebbe possibile giubilarla senza un’ultima valutazione dello strano epilogo che l’ha conclusa.

Lasciatemi dire che la buriana scatenata dal ritiro di Asashoryu ha portato alla luce molti argomenti che voi tutti avete evidenziato e dibattuto con passione e competenza sociologica, oltrechè sportiva. I fatti accaduti hanno messo in rilievo costumi e modi di pensare che in Giappone sembrano abituali e non censurati in pubblico, come l’uso di ubriacarsi sistematicamente, e, per una volta ancora, abbiamo tutti fatto i conti con l’evidente ed epocale contrasto tra il comportamento protocollare nipponico e le ipocrisie del sistema, che conosce e tollera -nascondendole sotto il tappeto, come la governante disonesta- le proprie debolezze.
Siamo carne, dicevano i nostri avi latini, e per i rikishi la carne è tanto più abbondante rispetto ai normali cittadini da ingenerare un’esagerazione incontrollabile in ogni manifestazione dell’essere umano che risiede sotto l’impenetrabile maschera del fiero lottatore di sumo. Anche il sumo stesso, a pensarci bene, non è altro che una continua esagerazione: nella ritualità, nei personaggi, nel rigore autocelebrativo e nell’ostinato isolamento culturale. E’ tutto talmente esagerato che rischia di non avere futuro.

Prendiamo ad esempio il caso di Asashoryu: in quale altra disciplina sportiva il campione in carica si ubriaca insieme al suo coach durante le fasi finali di un torneo, di un Gran Premio, di un Campionato del Mondo o di un’Olimpiade? Nel sumo, lo sappiamo, ogni yusho equivale ad un oro olimpico o mondiale, ragione per cui il paragone con altri sport è fin troppo stretto. Tutta la vicenda è abnorme e forzatamente inconcepibile, ai nostri occhi, e lascia molto perplessi per il contesto generale in cui si è svolta e per le contraddizioni che ne sono emerse. Fosse tutto vero e chiaro come ci è stato raccontato, nessuno dubiterebbe della decisione salomonica di far ritirare Asa senza cancellarlo dalla storia del sumo, ma proprio l’epilogo scelto dalla regia del Kyokai sembra la cosa più esagerata e paradossale in assoluto.

Come dicevo, ogni appassionato di sumo, me compreso, ha portato avanti le proprie tesi accusatorie o difensive, a seconda dei punti di vista, ma mi è sembrato che siano stati omessi alcuni elementi di valutazione che potrebbero risultare utili alla comprensione dell’intera storia.
Fin dalla sua promozione a Yokozuna, Asashoryu ha manifestato dei comportamenti che non si addicevano a quanto prescritto dalla liturgia del sumo, a partire dalle intemperanze sul dohyo, più volte censurate, fino ad arrivare alle gravi inadempienze caratteriali nella sfera del privato, che poi tanto privato non è, visto che ogni singolo momento della vita di uno Yokozuna viene gestito e regolato dall’Oyakata e dai dirigenti del Kyokai, oltre ad essere monitorato dallo YDC. Asashoryu ha compiuto vari peccati, già citati nella breve biografia presente da anni sul sito, ed ha continuato a trasgredire le regole in modo provocatorio e plateale, giungendo a subire l’unica squalifica comminata ad uno Yokozuna. Poi ci sino stati i momenti di grave imbarazzo provocati dallo scandalo montato a suo carico a proposito della compravendita dei bouts, cosa che ha aggravato l’insofferenza del Giappone nei suoi confronti.
L’umiliazione della squalifica aveva fatto pensare ad un ritiro forzato ed inevitabile, date le notizie sullo stato depressivo del Grande Mago, ma poi Asa si è ripreso ed ha ripreso il suo spazio, nel bene e nel male. A peggiorare le cose, forse, è intervenuta anche la separzione coniugale, giunta inaspettata.

Con il suo straripante ed inopportuno temperamento, Asashoryu ha diviso l’opinione pubblica ed ha fatto parlare del sumo come mai in passato, benchè l’interessamento del pubblico fosse più dettato dagli episodi negativi che dai risultati e dai gesti sportivi. L’utimo atto, se guardiamo bene, non è più clamoroso di altri, anche molto simili, ma è un punto di non ritorno nelle relazioni tra Asashoryu ed il resto del mondo. Nessuno avrebbe potuto difenderlo oltre, e qui nasce il vero problema interpretativo: le circostanze, i fatti e l’esito sono genuini oppure artificiali, creati ad arte? Non sorvegliare il proprio pupillo, e patrimonio, costituisce una colpa gravissima a carico dell’Oyakata, eppure questa volta Takasago non ha trattenuto Asa entro i confini del lecito, come si era premurato di fare in passato, e dietro questo strano comportamento ognuno può leggere ciò che vuole. Asa era più che recidivo ed aveva un curriculum irrimediabilmente macchiato, però il sumo stava attraversando un momento di grande popolarità ed incertezza agonistica, oltre ad un impareggiabile duello di talenti, eppure si è deciso di porre fine a tutto questo con una determinazione che non si era vista in passato, neanche quando poteva essere più che legittimamente messa in pratica.

Per il sumo è sembrato trattarsi di una liberazione, una purificazione liberatoria giunta in un momento di massima euforia per la vittoria di gennaio ed il superamento di Kitanoumi nell’albo d’oro del sumo. Asashoryu andava fermato perchè troppo vicino alle Colonne d’Ercole rappresentate dai record di Chiyonofuji e Taiho, ultimi baluardi nipponici da opporre all’invasione mongola.
Asa era in forma splendida, avrebbe potuto combattere per altri 4/5 anni ad altissimo livello e vincere quegli 8 yusho che ne avrebbero fatto il più grande di sempre, anche se solo sul dohyo.