Il Kyokai ed il punto di non ritorno

Ad un anno di distanza dalla vittoria che aveva bloccato la corsa di Hakuho verso la tsuna, obiettivo comunque raggiunto e meritato in seguito, Asashoryu ha ripetuto e ribadito la propria autorità sul sumo del terzo millennio. Sul dohyo non si possono fare i conti senza l’oste mongolo.
Quello che è accaduto fuori dal dohyo, invece, ci ha lasciati ancora una volta esterrefatti e ci divide in colpevolisti ed innocentisti. Avevo già quasi completato il mio piccolo contributo di chiusura del Nagoya Basho e mi accingevo a darvelo in pasto, amici sumomuniti, ma la brutta pagina scritta dal Kyokai mi ha fulminato, quasi quanto la bella e convincente prestazione dello Yokozuna più discusso della storia del sumo. Solo Akebono, ad oggi, aveva suscitato tanto clamore con la sua scelta di vendere la propria dignità di rikishi al circuito circense giapponese.

Per quanto mi sforzi di separare lo sport dal resto, non mi è possibile tenere divise le due storie, assurdo completamento del convulso inizio d’anno tra accuse di corruzione e cedimenti strutturali dell’impianto retto dal Kyokai. Mi sento come il giovane studente cinese che si opponeva ai carri armati in Piazza Tien An Men.
Conosco le opinioni di molti di voi, anche se amerei leggerne molte altre ancora; mi sono tenuto in disparte per motivi di lavoro e per cercare di seguire le vicende con maggiore lucidità. Ho scritto quello che pensavo in coda ai vostri commenti e desidero dirvi che mi sento abbastanza svuotato e leso dall’intero sviluppo degli eventi. La decisione di sospendere Asashoryu ha reciso definitivamente i rapporti tra me ed il Kyokai, se mai ve ne siano stati. Intendo dire che il sumo senza il suo protagonista più acclamato e controverso, comunque lo si voglia affrontare, non ha senso di esistere. Le conseguenze psicologiche sul campione mongolo potrebbero essere devastanti, quelle mediatiche già lo sono. Mi chiedo che senso abbia la punizione esemplare quando la colpa che l’ha generata risulta meno grave di tanti episodi passati sotto silenzio. Non sarebbe stato più giustificabile un allontanamento preventivo a fronte delle accuse dello Shukan Gendai? Non era più pericoloso lo scandalo che metteva in bilico l’intero movimento del sumo? I dubbi e le illazioni erano a portata di mano, il pubblico si era schierato e c’era ancora Tochiazuma sul dohyo. No, il governo del sumo ha voluto afferrare l’occasione offerta, a dire il vero ingenuamente, dal campione irrequieto e non ha considerato altro che la propria smania di giustizialismo. Asashoryu ha infranto le regole molte volte, ha portato la ribellione sul dohyo e fuori dai palazzi del sumo, lo sappiamo, ma una corsetta per beneficenza ed un calcio ad un pallone non sono elementi di trasgressione di un attestato d’infermità che doveva valere per il sumo, attività lievemente più cruenta e rischiosa. Non mi risulta che gli avessero imposto l’immobilità assoluta, ragione per cui qualsiasi cosa avesse fatto sarebbe stata conforme al suo stato. Asashoryu non ha combattuto il buh in piazza, ha soltanto partecipato ad una manifestazione benefica. Avrebbe dovuto rispettare il protocollo e chiedere il permesso al suo Oyakata, questo è ammesso, ma puntargli addosso tutta la potenza di fuoco del Giappone mi sembra eccessivo ed irragionevole.

La schiena di Asashoryu non è a posto, lo sanno tutti. Lo Yokozuna Marco, che di sport e riabilitazione se ne intende davvero, mi diceva che qualsiasi programma riabilitativo prevede ben altro che una sgambatella tra amici. La schiena di Asashoryu, oltre ad essere malata, è anche una voce patrimoniale discretamente importante per il Kyokai, che su quella schiena ha guadagnato parecchi soldini e che a quella schiena è rimasto aggrappato per tenere in vita il sumo stesso. Ora gli si rivolta contro e gli volge la propria, come un ingrato amante appagato (il pubblico femminile comprenderà prima e meglio la metafora…). C’è un altro Yokozuna, ruffiano quanto basta, e ci sono speranze che Kotomitsuki lotti ancora per lo yusho: perchè non cogliere l’occasione per sotterrare il mai digerito invasore mongolo. Lo trovo ingiusto ed illogico: un’ammenda, una multa, qualche scudisciata ed una sana lavata di capo, forse, avrebbero avuto un maggiore effetto sanzionatorio. Escludere Asashoryu dal sumo attivo per due Tornei ha un sapore vendicativo e non tiene conto di tanti altri episodi simili che sono stati trascurati in quanto compiuti da rikishi indigeni. Quello che mi preme sottolineare è che il Kyokai non ha valutato il riscontro alla propria decisione, come la rana in fondo al pozzo di Salman Rushdie.
Ho udito la vostra e detto la mia.

Nagoya sembra lontana un parsec: il sumo che ne è emerso non ce lo ricordiamo più.
Mi vengono in mente mille titoli da strillo, mille fotogrammi che vorrei immortalare e condividere con tutti voi. La prima giornata e l’errore marchiano, il viso smarrito e stupito di Asashoryu.
La sfacciata dimostrazione di potenza di Hakuho e il marcamento stretto e bellissimo di Kotomitsuki.
Il rettilineo imboccato da Asashoryu e la sua crescita sul dohyo, coniugata al potente impatto caratteriale che ha saputo imprimere al Torneo.
La vittoria di Kotomitsuki su Hakuho, splendida ed immacolata. La risposta del Grande Mago Mongolo, superba ed assoluta, e la sua impronta definitiva sullo yusho mentre Hakuho andava alla deriva tecnica e mentale.
Ho scritto tanto su tutto questo, lo pubblicherò, forse, in un secondo momento. Ora sono sconcertato e ricevo ulteriori notizie che mi allontanano dal pathos dell’agonismo puro, quello che mi ha fatto innamorare del sumo e dei suoi veri eroi, quelli che sul dohyo vestono le insegne del rito e della tradizione.