Countdown to banzuke

Cari amici-san,
finalmente abbiamo il forum, luogo telematico d’incontro per tutti i fans del sumo, e mi auguro che risponderete con entusiasmo a questa iniziativa, dato che Julien ha rinunciato ad una parte delle vacanze per realizzarlo!

Siamo in prossimità dell’uscita del nuovo banzuke, e desidero sottoporvi alcuni spunti sul sumo che verrà.

Quando lunedì prossimo leggeremo il ranking dei Makuuchi e dei Juryo, avremo la conferma delle promozioni e delle retrocessioni che, tutto sommato, ci aspettiamo abbondandemente dal termine dal Nagoya Basho, fatta eccezione per alcuni nuovi ingressi tra i Juryo, dovuti ai risultati delle divisioni inferiori. Nulla di sorprendente, in assoluto, ma, tra i nomi che appariranno, scopriremo che anche dal Mar Baltico si segue il sumo, in quanto sembra scontata la presenza di Baruto, giovane e massiccio lottatore nato in Estonia, che seguo con attenzione da più di un anno. Forse non sarà un fenomeno che oscurerà, d’incanto, tutti gli altri sekitori, ma costituisce l’ennesima conferma della tendenza ad un allargamento dell’interesse per il sumo a livello planetario.

Allora mi domando, ed invito voi tutti a replicare sull’argomento, cosa spinga tanti giovani virgulti non giapponesi ad affrontare il durissimo regime delle scuole di sumo nipponiche, sottoponendosi ad un calvario intriso di allenamenti estenuanti, sottomissioni gerarchiche di tipo feudale e pochissime soddisfazioni per almeno tre anni della loro vita. Certo, in primo luogo vi è la prospettiva di successo e di guadagni che non troverebbero riscontro a casa loro in altri sport, ma questo è quasi un miraggio nel momento in cui entrano nell’oscuro mondo delle scuderie di Tokio, e molti di essi non avranno mai le capacità per accedervi.

Ma la grande determinazione con cui questi ragazzi inseguono il loro sogno è il riscontro alla crisi che ha colpito tanti rikishi prestigiosi e non, tra infotruni e cali di forma, risultati deludenti e scarsa continuità nelle prestazioni. E se un Kotooshu tiene testa allo Yokozuna fino agli ultimi istanti di un Torneo, il movimento d’immigrazione non clandestina verso il Giappone s’ingigantisce senza controllo, con tutte le implicazioni del caso.

A parte il riscontro che Asashoryu ha ottenuto in Mongolia (e che forse avrà anche Hakuho, se sboccerà definitivamente), i rikishi europei sono diventati degli eroi nazionali, nei loro Paesi d’origine, con una fioritura di siti web ed artcoli di stampa mai verificatasi in precedenza. In Giappone, come ho già scritto in passato, si sta verificando una crisi delle vocazioni, ma non è soltanto questa la ragione della mancata ascesa di nuovi talenti dagli occhi a mandorla: l’eco mediatica scatenata dai vari Kotooshu, Kokkai, Roho ed Hakurozan ha stimolato tanti altri a cercare gloria e successo in terra nipponica, non presentandosi con una valigia di cartone legata con lo spago, ma muniti di un bagaglio atletico e tecnico rilevante e che attinge ad una lunga tradizione di forme di lotta che, come il Sambo russo ed il Buh mongolo, andranno sempre più a contaminare il sumo moderno, rendendo necessaria una nuova codificazione delle tecniche d’insegnamento e dell’apprendistato nelle scuole.

Vedremo presto quale sarà il verdetto del dohyo, inappellabile giudice degli aspiranti campioni, ma il solco è stato tracciato, a mio giudizio, in maniera inequivocabile ed irreversibile, e per quanti accorgimenti protezionistici verranno adottati dalla Nihon Sumo Kyokai, sarà difficile difendere il nazionalismo ingiustificato che certi “fondamentalisti” vorrebbero portare all’eccesso, isolando letteralmente il sumo (siamo in Giappone…), fino a blindare definitivamente sport, tradizione ed i poveri rikishi spaventati.