Post Basho

A corollario del pregevole post basho di Pierfranco, aggiungo il mio personalissimo “Asashoryu Post Basho Report”.

L’Haru appena trascorso è stato, a mio modo di vedere, la prima vera prova del fuoco per Asashoryu da quando, esattamente 5 anni fa (Haru 2003), è salito agli onori del rango di Yokozuna.
Prima della promozione di Hakuho, il Drago Blu del Mattino, indubbiamente favorito anche dalla scarsa continuità di rendimento dei vari sekitori che hanno via via rivestito il ruolo di contendente più accreditato (fra i quali, in realtà, ha spiccato per lucentezza il solo Tochiazuma, purtroppo prematuramente ritiratosi per motivi di salute), aveva di fatto stabilito una monarchia assoluta degna delle più prestigiose casate imperiali, con tanto di spostamento virtuale della Capitale da Tokyo ad Ulaan Bator.
Hakuho, unico fra i vari dignitari ad opporsi con la necessaria perseveranza alla legge del dohyo imposta da Asashoryu, alla fine di un inseguimento durato più di 1 anno, a Nagoya 2007, ha dato la scossa al vertice del Makuuchi che tutti in Giappone si stavano augurando da tempo, costringendo il connazionale ad associarlo al trono.
Per molti di noi il pronostico per Nagoya 2007, il primo basho a vedere di nuovo due Yokozuna sul dohyo, era abbastanza scontato. In una disciplina regolata da regole ferree e consolidate nel tempo, molto raramente uno Shin-Yokozuna è riuscito ad andare allo yusho alla prima occasione, ma anzi ha spesso accompagnato la sua promozione con una prestazione mediocre (lo stesso Asashoryu aveva dovuto sottostare a questa regola di fatto). Difficile credere che per Hakuho potesse esser diversamente; ed il torneo autunnale si era puntualmente concluso con lo yorikiri del Senshuraku imposto dal “maestro” al “neofita”.
Praticamente impossibile pronosticare, invece, quello che sarebbe potuto accadere dopo. Ritengo, infatti, che neanche interpretando qualche perduto e criptico simil-post-it di Nostradamus o lanciando in aria rune celtiche si sarebbero potuti cogliere i segni premonitori della lunghissima squalifica di Asashoryu.
La sconfitta all’Hatsu 2008 poteva, anche questa, essere prevista. Chi ha praticato discipline agonistiche a qualunque livello sa benissimo che l’avversario peggiore non è tanto l’infortunio quanto la desuetudine al confronto: nessun allenamento può sostituire uno confronto vero, con la vittoria in palio. In effetti Asashoryu, nel frattempo passato ad ovest, a gennaio è andato ben oltre quello che molti si aspettavano. Costretto a nuovi punti di riferimento, a contrastare prima di tutto la sua inappagata esigenza di dimostrarsi sempre e comunque il migliore, ad inseguire fin dalla terza giornata, ha dimostrato una saldezza psicologica incredibile. Il bilancio dell’Haru di Asashoryu è stato positivo, al di là del mancato yusho, per via di tutte le circostanze al contorno che l’hanno caratterizzato.
Così, se il rientro senza yusho, tutto sommato, poteva essere letto comunque in ottica positiva, per come è mancata la vittoria, perdurare nella sconfitta avrebbe potuto davvero segnare, per lui, una svolta. Ecco perchè l’Haru è stato, per me, la vera chiave di volta nel restituirci uno Yokozuna integro ed ancora in corsa per agguantare il record dei record degli yusho, per superare nei numeri la leggenda Tahio.
L’Haru di Asashoryu è stato quasi perfetto. La sconfitta con Kotomitsuki è, infatti, una sconfitta “che ci sta”! Quando due sekitori si affrontano nel modo nel quale si sono affrontati lo Yokozuna e l’Ozeki alla dodicesima giornata il punto finisce quasi per trascendere il proprio significato e diviene poco più di una corona di alloro da indossare sul capo per quelle poche frazioni di secondo necessarie al triplice taglio dell’aria con la mano. Il sumo in queste occasioni diviene qualcosa di così elevato e, per assurdo, etereo che il confronto va oltre il rango dei contendenti e nella danza sul dohyo anche un granello di sabbia fa la differenza, con la vittoria che diviene di fatto appannaggio di entrambi i contendenti.
L’unico neo nella condotta di Asashoryu risiede nel bout perso con Kotoshogiku; un bout nel quale lo Yokozuna si è lasciato incredibilmente sorprendere da un sekitori che ha avuto il grandissimo merito di credere nell’impresa.
La prova senza appello, il confronto, con lo yusho in palio, dello Senshuraku, ha pertanto esasperato ancora di più, come se fosse possibile, i toni della sfida, prima di tutti con sè stesso, di Asashoryu.
Emblematiche e cariche di simbolismi la condotta e la conclusione del bout con Hakuho. Il Drago Blu, a differenza di quanto fatto solo due mesi prima a Tokyo, si è quasi modellato sul suo avversario, rinunciando ad affrontarlo di potenza fin dal primo istante del confronto, ma ne ha piuttosto avvolto l’energia all’interno della propria, per poi rivolgergli contro entrambe. Asashoryu ha dato una dimostrazione tangibile dei principi che regolano l’Aikido, la disciplina probabilmente più antica ed emblematica del Paese del Sol Levante.
Molto probabilmente nei prossimi mesi ed anni (dobbiamo augurarci) i due Yokozuna mongoli si scambieranno più volte il lato del dohyo, ma quello che è incontestabile è che Asashoryu è uscito indenne, e con il suo bel faccione più sorridente che mai, dal cerchio di fuoco che il suo destino di uomo gli ha posto come ostacolo sulla sua strada di sumotori.

Arigato gozaimas.

PS: mi scuso con tutti voi e con Pierfranco per aver riproposto un tema già trattato. Ma chi mi conosce, e mi ha seguito in tutte le mie cronache, penso non faticherà a capire che mi era impossibile trattenermi … ;D